Nuove indicazioni in materia di misurazione e valutazione della performance individuale (direttiva del ministro per la Pubblica Amministrazione)

Il documento risulta di particolare interesse e stimola alcune riflessioni perché interviene in un periodo dell’anno interessato dalle attività di misurazione e valutazione che i dirigenti sono tenuti a svolgere

13 Febbraio 2024
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Il 24 novembre 2023 il ministro per la PA ha diramato alle Amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001 la direttiva recante “Nuove indicazioni in materia di misurazione e valutazione della performance individuale. Il documento risulta di particolare interesse e stimola alcune riflessioni perché interviene in un periodo dell’anno interessato dalle attività di misurazione e valutazione che i dirigenti sono tenuti a svolgere, come previsto dai SMVP adottati ai sensi del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.
Lo scorso 24 gennaio, inoltre, lo stesso Ministro ha spedito una missiva contenente le “Prime indicazioni operative in materia sulla misurazione e valutazione della performance individuale” volte a promuovere l’urgente cura di alcuni adempimenti preliminari, costituenti il necessario presupposto per l’attuazione della stessa direttiva, in modo da garantire che “la valutazione della performance individuale sia una attività concreta e non mero esercizio burocratico”.
Un indicatore di questo approccio è legato alla tempistica osservata nella assegnazione degli obiettivi al personale, che in alcuni casi si è rivelata non proprio tempestiva, compromettendo la piena efficacia del sistema di valutazione. Per questo la missiva esorta ad assegnare gli obiettivi al personale improcrastinabilmente non oltre il mese di febbraio. Una tardiva assegnazione degli stessi, infatti, finisce per svilire la funzionalità del processo valutativo, che si fonda su una chiara definizione dei risultati e dei comportamenti attesi, da comunicare ex ante, nell’ambito di un confronto diretto, per consentire al personale di programmare il proprio operato in funzione del loro conseguimento nel rispetto delle modalità esecutive specificate.
La stessa lettera, inoltre, richiama le Amministrazioni a includere negli obiettivi da assegnare – sia ai dirigenti che al personale – la partecipazione alle attività formative (per almeno 24 ore annue), definite sulla base delle risultanze della valutazione annuale (con specifico riferimento alle competenze tecniche e digitali e ai comportamenti).
Nel documento, inoltre, si richiama l’attenzione alla necessaria chiarezza, concretezza e misurabilità degli obiettivi, da assegnare nel confronto diretto con il valutato, in modo che quelli siano aderenti alle caratteristiche degli assegnatari e alle modalità di svolgimento della loro prestazione.

La direttiva

La direttiva, nel richiamare espressamente le Linee guida del DFP n. 5/2019, vuole fornire ulteriori indicazioni sulle modalità da osservare per la misurazione e valutazione della performance individuale, “al fine di integrare e adeguare ai nuovi indirizzi di efficacia ed efficienza l’attività delle amministrazioni pubbliche”.
Per fare ciò si focalizza:
– sull’ampliamento delle modalità di valutazione, per affiancare a classica di tipo gerarchico verticale, quella “fra pari” e “dal basso”, e giungere gradualmente a quella cd . “a 360°”;
– sulla definizione dei rapporti tra performance organizzativa e individuale, visto che spesso i due profili vengono sovrapposti e considerati coincidenti;
– sull’adeguatezza dei SMVP ai fini della necessaria differenziazione delle valutazioni, quale strumento di gestione e motivazione delle risorse umane, sviluppata nell’ambito dei momenti di confronto e riscontro con il valutato;
– sulla chiarezza del concetto di “valutazione negativa” in seno ai SMVP, in modo che sia chiaro il concetto e che sia formalizzato il punteggio soglia al disotto del quale la stessa può ritenersi integrata.
Accanto a tali precisazioni vengono offerte alcune indicazioni ulteriori – indirizzate ai dirigenti – che fanno riferimento: alla valutazione della leadership, quale leva per migliorare l’efficacia dei Sistemi; alla promozione del ruolo della formazione nella valutazione individuale, fissando le priorità formative dei dirigenti tese a perfezionare le competenze personali e consentire l’acquisizione di quelle di leadership necessarie per guidare la struttura; alla introduzione di nuove forme di premialità dedicate alle più elevate performances individuali e organizzative.
Il primo aspetto è legato al superamento del modello di valutazione gerarchica e unidirezionale. Il DFP prima, e il Ministro ora, propongono di affiancare al modello classico, strumenti di valutazione diversi, capaci di favorire un cambio di prospettiva e di consentire anche ai valutati di cogliere la vera funzione del Sistema stesso. Infatti, aldilà dell’aspetto burocratico-distributivo, il Sistema svela una determinante portata conoscitiva e informativa, tesa ad ampliare gli strumenti decisionali a supporto della pianificazione, della programmazione e della gestione in itinere delle attività svolte dalle strutture. In tale prospettiva, risulta riduttivo sfruttarlo nella sola direzione top-down, nell’ambito del rapporto gerarchico. Ampliando le fonti del giudizio e acquisendo le valutazioni provenienti da punti prospettici diversi, il Sistema riesce a esprimere tutto il potenziale, perché si moltiplicano le informazioni, i feedback e i riscontri disponibili. Questi, consapevolmente incrociati e interpretati possono offrire indicazioni per tutta una serie di azioni e decisioni gestionali orientate a determinare il cambiamento, lo sviluppo e la crescita professionale dei singoli e delle organizzazioni.
A tal scopo il ministro richiama le valutazioni: “dal basso” o “bottom-up”, che espone i responsabili e i dirigenti ai giudizi (preferibilmente anonimi) del personale operante nell’unità o nella struttura diretta, in modo da renderlo consapevole di come viene percepito il proprio contributo nel contesto e di come lo stesso incide sul benessere organizzativo; quella “fra pari”, ovvero tra colleghi di qualifica analoga, coinvolti in una rapporto collaborativo più stretto; quella “collegiale”, tesa a superare le asimmetrie metodologiche che rendono disomogenea l’applicazione del SMVP in uso nella amministrazione; quella rimessa agli stakeholders esterni (cittadini, utenti e destinatari dei servizi), focalizzata sulla performance organizzativa e che consente di acquisire dei feedback utili per interpretare le caratteristiche e lo spessore dell’output e l’impatto delle attività nel contesto sociale di riferimento. Il punto di arrivo del percorso è la valutazione “a 360°”, ovvero quella risultante dalla combinazione dei vari strumenti indicati.
Come già fatto con le Linee guida del DFP, inoltre, si raccomanda l’adozione di modelli continui e circolari di confronto e dialogo tra le parti (valutato e valutatore), ricorrendo a interviste, colloqui e altri strumenti periodici di contatto, così da favorire il superamento dell’idea burocratica di valutazione, quale adempimento funzionale alla sola distribuzione delle risorse disponibili.

Il commento dell’esperto

Quel che emerge e colpisce nella lettura della direttiva è la chiara intenzione dei Ministro di volersi concentrare sulle persone, sui dipendenti pubblici, che nelle strutture svolgono quotidianamente le varie attività di interesse collettivo. Viene dunque proposta una concezione antropocentrica dell’azione e dell’organizzazione pubblica, tesa a orientare sia il modo intendere il processo valutativo (si vuole abbandonare la classica idea “del bastone e della carota”), che il metodo di costruzione e affinamento dei SMVP.
Tale concezione pervade tutti gli argomenti trattati nel documento: la valorizzazione del capitale umano; la capacità di leadership della dirigenza, e quindi l’attitudine a rappresentare una guida persuasiva e capace ricavare dai singoli e dai gruppi le migliori performance; e la formazione.
Quanto al primo di tali aspetti, si richiama l’attenzione sui dipendenti pubblici: fulcro e motore delle amministrazioni. Si propone un nuovo e differente approccio verso la categoria che negli ultimi decenni è stata in qualche modo bistrattata e svilita, spesso considerata un costo eccessivo e ingiustificato per le casse statali, altre volte accusata di inerzia e pressapochismo (quando non di truffa “i furbetti del cartellino” o di concussione).
In tale prospettiva antropocentrica, uno degli strumenti di valorizzazione proposti dal Ministro è quello del merito. Si affida al dirigente il compito di scatenare il potenziale delle risorse assegnate mediante la conoscenza specifica dei singoli, delle loro esperienze, delle attitudini e delle capacità, sulle quali costruire gli obiettivi e valutare l’operato. Valutare il merito, infatti, viene definito come “la capacità che abbiamo di esprimere i nostri talenti e le nostre virtù”, individuare le aree di miglioramento, garantire il benessere e stimolare le persone a esprimere le proprie skills, innescando un percorso di evoluzione personale. Si delinea così un sistema che incarica la figura dirigenziale di porsi al servizio del personale e della struttura (e non viceversa), per gestire al meglio la prospettiva di crescita (leadership).
Quello della leadership è un altro  – il secondo degli argomenti indicati – è un tema storicamente poco sviluppato nelle riflessioni sulla dirigenza pubblica, ma da lungo tempo è trattato in ambito economico-aziendale, allo scopo di affiancare al modello gestionale classico, teso a controllare e rilevare le criticità, un paradigma animato da una cultura e valori precisi, che fondano una vision ispirata tesa a coinvolgere e motivare i collaboratori, esaltandone i pregi e valorizzandone il potenziale.
Pertanto, la direttiva ministeriale esorta le amministrazioni a integrare i SMVP, prevedendo meccanismi di valutazione della capacità espressa dai dirigenti nell’esercizio adeguato della leadership.
A tal fine vengono suggeriti alcuni indicatori della leadership: come la flessibilità, l’innovazione e il pensiero laterale che consentono di andare oltre gli schemi consolidati; l’orientamento al risultato; l’autonomia, l’iniziativa e la capacità di assumere il rischio; la capacità di ascolto e di team-building; l’attitudine a riconoscere il potenziale dei collaboratori; la personale integrità e l’etica professionale per ispirare i propri collaboratori.
La presenza di tali caratteristiche è rilevabile da alcuni comportamenti oggettivi, che la direttiva evidenzia con particolare riferimento a due attitudini: la “capacità di far accadere le cose” (e tra i comportamenti osservabili vengono indicati, per esempio, lo slancio operativo impresso nelle azioni compiute, l’apertura al confronto, la tenacia, l’ascolto, la capacità di iniziativa, il senso del valore pubblico, l’impegno profuso per realizzare obiettivi ambiziosi); e quella di “assumersi le proprie responsabilità” (si indicano alcune azioni osservabili: la capacità di assumere scelte efficaci, l’attitudine a scovare modalità alternative al raggiungimento degli obiettivi o a operare sotto pressione, la capacità di sostenere e motivare i collaboratori).
La direttiva, infine, assegna uno speciale rilevo alla formazione, la cui importanza è sottolineata anche dalla nota ministeriale dello scorso 24 gennaio, che esorta a includere negli obiettivi individuali dei dirigenti, l’impegno profuso nel promuovere la partecipazione per personale alle attività formative (per almeno 24 ore annue).
Per favorire tale partecipazione si propone di assegnare ai dirigenti degli obiettivi specifici, in modo che siano responsabilizzati: sia a partecipare personalmente ai percorsi formativi; che a favorire la partecipazione del personale assegnato.

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