La ripetizione di somme in capo al lavoratore subordinato

Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.”
L’art. 2033 disciplina l’Istituto dell’indebito oggettivo. Sussiste indebito oggettivo ogni volta che non esiste o non è valido il rapporto che col pagamento si intendeva soddisfare. Ciò che manca o viene a mancare, in buona sostanza, è il fondamento giuridico- normalmente un rapporto giuridico- che ha legittimato il pagamento. Solo a titolo di esempio si pensi al caso degli esiti di un contenzioso, quindi, di una sentenza che lo definisce e si pronuncia in termini di insussistenza dell’obbligo di corrispondere una somma, invece erroneamente corrisposta.
Ma le ipotesi in cui la giustificazione del pagamento non sussiste o perché non sussisteva dall’inizio o perché ha cessato di sussistere in seguito, sono tanti e diversi. Si pensi, ancora, al caso in cui il debito è stato estinto per adempimento (art. 1176 c.c.) o con altro mezzo (novazione, compensazione ecc), oppure viene retroattivamente meno il negozio fondamentale sottostante come avviene nelle ipotesi annullamento o risoluzione (rispettivamente artt. 1441 e 1453 c.c.).

La ricorrente casistica della ripetizione dell’indebito all’interno del rapporto di lavoro

Nel tempo sono state tantissimi i giudicati che, a vario titolo, hanno affrontato la questione dell’indebito riferito all’ipotesi di restituzione delle somme corrisposte in eccedenza al lavoratore, i quali pur confermando pienamente l’obbligo di restituzione da parte del percettore, hanno affrontato il tema specifico delle modalità attuative del rimborso, approfondendo la circostanza relativa al se questo rimborso dovesse avvenire al lordo o al netto delle ritenute fiscali e previdenziali. Il TAR Toscana, ad esempio, in una sentenza del 2017- la numero 85 8- ha evidenziato come il recupero debba avvenire al netto, in considerazione del fatto che operando diversamente si sarebbe imposta  al contribuente  una vessazione fuori da ogni elementare logica. Il contenzioso originava da un ricorso di un pensionato che si era visto recuperare le somme corrisposte indebitamente al lordo delle ritenute IRPEF, in applicazione di alcune risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 110 del 29 luglio 2005 risoluzione n. 71/E del 28 febbraio 2008, le quali a loro volta si fondavano sul richiamo conforme dell’articolo 10 del TUIR).

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