Lo svolgimento di attività extra istituzionali da parte dei dipendenti pubblici

Approfondimento di Paola Aldigeri

Con questo approfondimento inquadriamo il tema delle attività extra istituzionali vietate o consentite ai pubblici dipendenti, per poi approfondire in successivi step editoriali aspetti particolari di questo complesso tema, sul quale continua ad insistere una corposa giurisprudenza che non può essere ignorata nella gestione quotidiana delle nostre attività.
Torneremo quindi prossimamente su aspetti di maggior dettaglio della materia, quali le deroghe al regime autorizzatorio di seguito descritto o discipline di settore particolari.
L’ambito di riferimento è costituito dagli incarichi extralavorativi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, ossia non attinenti al rapporto di lavoro costituito con l’ente di appartenenza con contratto individuale di lavoro di tipo subordinato, incarichi – quindi – da svolgere al di fuori dell’orario di lavoro.
Occorre, innanzitutto, chiarire che non esiste una check list predefinita di tutti gli incarichi e attività che i dipendenti pubblici possono svolgere o non possono svolgere, ma siamo di fronte ad un ampio insieme aperto di attività vietate o consentite a seconda del caso concreto che ci troviamo ad affrontare e ad un insieme chiuso più ristretto di attività che sono sempre vietate, anche sulla base della tipologia di rapporto di lavoro del dipendente (a tempo pieno o a tempo parziale).

Le fonti di regolazione della materia e la giurisdizione

La prima domanda da porci è da quali fonti può essere regolata la materia degli incarichi extraistituzionali; la risposta ci viene fornita dalla legge n. 421/92, ed, in particolare, dall’art. 2, comma 2, n. 7), che così dispone:
«Sono regolate con legge, ovvero, sulla base della legge  o nell’ambito dei principi dalla stessa posti,  con  atti  normativi  o  amministrativi, le seguenti materie: […] 7) la disciplina della responsabilità e delle  INCOMPATIBILITA’ TRA L’IMPIEGO PUBBLICO ED ALTRE ATTIVITA’ E I CASI DI DIVIETO DI CUMULO DI IMPIEGHI E INCARICHI PUBBLICI; […]»
La disposizione citata ha, pertanto, stabilito una riserva relativa di legge per quest’ambito, ossia la materia può essere regolata dalla legge e da atti di natura regolamentare. La contrattazione collettiva non può regolare la materia delle incompatibilità dei pubblici dipendenti.
Per quanto riguarda la giurisdizione di riferimento, il riscontro è fornito dall’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001, i cui commi 1 e 4 riportiamo qui di seguito:
«1. Sono devolute al GIUDICE ORDINARIO, IN FUNZIONE DI GIUDICE DEL LAVORO, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale […]
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.»
Per tutte le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, la giurisdizione di riferimento è quella del giudice ordinario, mentre per il personale in regime di diritto pubblico è quella del giudice amministrativo (TAR Veneto, Sez. I, 23 ottobre 2018, n. 982; Consiglio di Stato, 24 novembre 2020, n. 1850).
Ricordiamo fin da ora che, per le amministrazioni contrattualizzate, l’atto di diniego o di concessione di autorizzazione allo svolgimento di attività extraistituzionale rientra tra le determinazioni di gestione del rapporto di lavoro, assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001.

In sintesi, la mappa dei riferimenti normativi

Il punto cardine attorno al quale ruota tutta la normativa delle incompatibilità dei dipendenti pubblici è il principio costituzionale previsto dall’art. 98, comma 1, ossia il principio secondo il quale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, successivamente declinato nelle disposizioni di cui al d.P.R. n. 3/1957 (Testo unico degli impiegati civili dello Stato), agli articoli 60 – 64, che disciplinano il regime di incompatibilità assoluta dei dipendenti pubblici, ossia le attività assolutamente vietate agli stessi.
La legge n. 662/1996 (art. 1, commi 56 ss.) interviene a mitigare il regime di incompatibilità assoluta recepito dal decreto legislativo 3 febbraio 1193, n. 29, intervenuto nel frattempo per dare attuazione alla legge delega n. 421/92 in materia di privatizzazione e contrattualizzazione del rapporto di lavoro.
Attualmente, il quadro normativo di riferimento ordinario è rappresentato dall’art. 53 del decreto legislativo n. 165/2001, che richiama il regime di incompatibilità assoluta di cui al testo unico del 1957 e dal quale desumiamo altresì il c.d. regime di incompatibilità relativa dei dipendenti pubblici (deroga per i dipendenti a tempo parziale con rapporto di lavoro non superiore al 50% del rapporto di lavoro a tempo pieno e regime delle autorizzazioni agli incarichi).
Tale norma, al comma 5, richiede che le pubbliche amministrazioni, prevedano, ai fini del rilascio delle autorizzazioni agli incarichi, “criteri oggettivi e predeterminati che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente”.
In perfetta armonia normativa con tale disposizione, per gli enti locali, l’art. 89, comma 1 e 2, lett. g), prevede che la potestà regolamentare si estenda alla “disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici”.
Nell’ambito del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, la Giunta Comunale (nei comuni) e il presidente (nelle province) adotterà, pertanto, una disciplina specifica delle incompatibilità, che contestualizzi i principi di legge nella realtà organizzativa specifica dell’ente.
Al fine di agevolare gli enti nella stesura e nell’aggiornamento di tale disciplina regolamentare, nel 2013, nell’ambito del tavolo tecnico previsto dall’Intesa sancita in Conferenza unificata il 24 luglio 2013, mediante confronto tra i rappresentanti del Dipartimento della funzione pubblica, delle Regioni e degli Enti locali, sono stati elaborati i criteri generali in materia di incarichi.
A tale proposito, vale la pena ricordare quanto raccomandato dall’ANAC nel Piano nazionale anticorruzione 2019 (delibera n. 1064 del 13.11.2019 – Parte III), che richiama espressamente i criteri sopra citati: l’Autorità, infatti, raccomanda alle pubbliche amministrazioni di dare evidenza nel PTPCT del regolamento adottato ai sensi del d.lgs. 165/2001 o di altro atto che disponga in merito agli incarichi vietati e ai criteri per il conferimento o l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extra istituzionali, precisando che le regioni e gli enti locali procedono all’adozione della relativa regolamentazione nell’esercizio della propria competenza normativa, nel rispetto di quanto stabilito in sede di intesa in Conferenza Unificata sancita il 24 luglio 2013. Molto interessante il suggerimento di ANAC di valutare, nell’ambito dell’istruttoria relativa al rilascio dell’autorizzazione, al di là della formazione di una black list di attività precluse, la possibilità di svolgere incarichi anche in ragione dei criteri di crescita professionale, culturale e scientifica nonché di valorizzazione di un’opportunità personale che potrebbe avere ricadute positive sullo svolgimento delle funzioni istituzionali ordinarie da parte del dipendente.

Leggi sulla medesima questione:

Parte 2: “I tre pilastri concettuali del documento della Funzione pubblica”
Parte 3: “Il procedimento di autorizzazione e le sanzioni in caso di violazione delle norme”

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