Criteri di calcolo per il personale cessato ai fini delle assunzioni. Le indicazioni dei giudici contabili

Approfondimento di V. Giannotti

Nonostante gli anni passati, riaffiorano i dubbi sull’esatta quantificazione della spesa del personale cessato, ai fini del calcolo delle assunzioni da parte degli enti locali, avuto riguardo anche al calcolo dei resti assunzionali. Prima di affrontare le recenti indicazioni fornite dai magistrati contabili, appare opportuno soffermarsi su quale spesa del personale calcolare il personale cessato utile ai fini del turn-over, oltre a ripercorrere le precedenti indicazioni fornite sino ad oggi dagli organi istituzionali sui citati criteri di calcolo.

Il personale cessato non valido ai fini del calcolo del turn-over

Non tutto il personale cessato è utile ai fini del calcolo del turn-over assunzionale, in particolare non rientrano le seguenti fattispecie:

  • Cessazione per mobilità volontaria. In caso di mobilità volontaria la cessazione del personale dell’ente di appartenenza verso altro ente soggetto anch’esso alle restrizioni dei limiti assunzionali è da sempre stata considerata neutra, sia in entrata che in uscita, in termini di finanza allargata. In questo caso, pertanto, il risparmio della spesa del personale in uscita per mobilità neutra non può rientrare nel calcolo utile ai fini assunzionali (es. 25% della spesa del personale cessato);
  • Cessazione personale soggetto ad assunzioni obbligatorie. Anche tale personale cessato non rientra nelle spese utili per il calcolo del tur-over, in quanto in caso di quote d’obbligo le assunzioni sono da considerare fuori dalle limitazioni assunzionali imposte dalla legge. Trattasi, infatti, di personale destinato ad assolvere agli obblighi imposti dalla legge (es. legge 68/1999 sulle categorie protette) la cui spesa è stata espressamente esclusa tra quelle rilevanti ai sensi dell’art.1, comma 557, legge 296/2006.

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