Trattenere in servizio i responsabili di servizi con funzioni dirigenziali

3 Aprile 2024
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L’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, che riconosce la facoltà di autorizzare la permanenza in servizio del personale dirigenziale titolare di determinate tipologie di incarichi strettamente connessi con l’attuazione di interventi nell’ambito del PNRR, è una norma di stretta interpretazione, costituendo una deroga al regime ordinario. In ragione di ciò, nel caso di un comune privo di personale di qualifica dirigenziale, che abbia conferito, ai sensi dell’art. 109, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le relative funzioni ai responsabili degli uffici o dei servizi, la disposizione normativa de qua deve ritenersi inapplicabile, in quanto essa, ai fini dell’esperibilità della deroga al generale divieto di trattenimento in servizio, individua espressamente, quali diretti destinatari, i dirigenti e, in particolare, i dirigenti generali, anche apicali.

Il Dipartimento per la Funzione Pubblicato con parere n. 6401 del 26 gennaio 2024 interviene sul punto.

Il parere

Si fa riferimento alla nota richiamata in oggetto con la quale è stato richiesto a questo Dipartimento un parere in materia di attuazione delle disposizioni di legge di cui in oggetto.
Più specificamente, viene richiesto se nei Comuni privi di personale di qualifica dirigenziale possa trovare legittimamente applicazione la disposizione legislativa richiamata per trattenere in servizio i Responsabili di Servizi che espletano funzioni dirigenziali, ai sensi del degli artt. 107 e 109 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, e che sono attuatori di interventi previsti dal PNRR.
Si ritiene opportuno svolgere preliminarmente alcune considerazioni di carattere generale, utili a delineare soluzioni aderenti allo scopo perseguito dal legislatore con il richiamato articolo 11, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137.
Nello specifico, l’articolo 11, rubricato “Disposizioni per l’efficienza della pubblica amministrazione”, dispone, al comma 1, che le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tra cui i Comuni, “possono trattenere in servizio, fino al 31 dicembre 2026, nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, i dirigenti generali, anche apicali, dei dipartimenti o delle strutture corrispondenti secondo i rispettivi ordinamenti, con esclusione di quelli già collocati in quiescenza, che siano attuatori di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.”

La richiamata disposizione legislativa, dunque, introduce una disciplina transitoria volta a non indebolire le amministrazioni pubbliche nella delicata fase di attuazione di interventi previsti nel PNRR, consentendo alle stesse di continuare ad avvalersi delle figure dirigenziali apicali chiamate a svolgere compiti di attuazione dei progetti di che trattasi, ai fini di garantire il conseguimento degli obiettivi programmati.
La scelta del legislatore si colloca in un momento storico del tutto particolare per la pubblica amministrazione, nel quale occorre bilanciare, in maniera non sempre agevole, gli interessi in gioco di contenimento della spesa, il ricambio generazionale ed il perseguimento dell’interesse pubblico.

La permanenza in servizio di personale dirigenziale

È di tutta evidenza che l’intervento legislativo, orientato, come detto, ad autorizzare la permanenza in servizio di personale dirigenziale titolare di determinate tipologie di incarichi strettamente connessi con l’attuazione di interventi nell’ambito del PNRR, rappresenti una deroga al regime ordinario e debba essere, per questo, oggetto di stretta interpretazione.
Atteso quanto sopra, ai fini dell’attuazione della norma, devono ricorrere determinati presupposti, tra cui, per quanto qui di interesse, innanzitutto la qualifica dirigenziale della figura da trattenere, ma, ancor più specificamente, una valutazione in ordine alla complessità ed alla dimensione organizzativa della struttura interessata, che consenta di ritenere tale incarico dirigenziale corrispondente ad uno di livello dirigenziale generale o apicale di cui al comma 1 del citato articolo 11. Inoltre, vale la pena di sottolineare che, in ogni caso, la prosecuzione del rapporto di lavoro deve essere disposta dall’amministrazione nei cui ruoli è inquadrato il dirigente che si intende trattenere.
Con riferimento alla questione sottoposta da codesto Comune, nel caso di un ente non dotato di posti di qualifica dirigenziale e che abbia conferito, ai sensi dell’art. 109, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le relative funzioni ai responsabili degli uffici o dei servizi, deve ritenersi inapplicabile la normativa de qua che, nel derogare al generale divieto di trattenimento in servizio, individua specificamente, quali diretti destinatari, i dirigenti ed, in particolare, i dirigenti generali, anche apicali.
In tal senso, di recente il TAR Campania ha negato che l’attribuzione di funzioni dirigenziali “possa essere configurato come un incarico dirigenziale tout court, essendo necessario, perché possa parlarsi propriamente di “incarico dirigenziale”, che alle funzioni dirigenziali si accompagni la predisposizione, nell’organigramma dell’ente pubblico, della posizione funzionale di livello dirigenziale”.
Inoltre, è stato ribadito che “proprio per i comuni privi di detta posizione, il ricordato art. 109, comma 2, consente, in via eccezionale, che le funzioni dirigenziali possano essere esplicate dal personale di livello funzionale responsabile degli uffici o dei servizi, con ciò connettendo tali funzioni a posizioni funzionali non di livello dirigenziale. In sintesi, nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, ai fini del riconoscimento del trattamento giuridico (e retributivo) proprio della qualifica dirigenziale, non è sufficiente l’espletamento di incarichi direttivi o di responsabilità riferibili ad una funzione dirigenziale (…), essendo viceversa necessario che sussista il corrispondente posto qualificato come dirigenziale nella pianta organica dell’ente”.

A questo proposito, occorre anche richiamare quanto sostenuto in materia dalla Corte di Cassazione, secondo la quale “un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macrorganizzazione adottati dalla P.A., in quanto è alle amministrazioni pubbliche che è stato riservato dal legislatore (prima ex D.Lgs. n. 29 del 1993, poi con il D.Lgs. n. 165 del 2001, che, quanto agli enti territoriali, rinvia al D.Lgs. n. 267 del 2000) il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, individuando quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, provvedendo altresì alla individuazione delle piante organiche.”
Atteso quanto sopra, si deve ritenere che il trattenimento in servizio disciplinato dal comma 1 dell’articolo 11 non possa trovare applicazione nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale.

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