Il licenziamento è nullo se non si prova la ricezione dell’addebito disciplinare e del preavviso. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con sentenza del 21 giugno 2016, n. 12822, nella quale si apprende che la mera spedizione di una comunicazione in plico raccomandato non vale da sola a stabilire che il destinatario sia venuto a conoscenza della dichiarazione in esso contenuta, occorrendo, invece, provare che detto plico sia pervenuto a destinazione, per poter fondare una presunzione di conoscenza nei confronti del destinatario. Il principio di presunzione di conoscenza posto dall’art. 1335 codice civile, infatti, opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando sia contestato che essa sia mai pervenuta a quell’indirizzo e il dichiarante non fornisca elementi di prova idonei a sostenere tale assunto.
In precedenza, la Corte d’appello di Roma aveva respinto l’impugnazione proposta da un dipendente di un Comune avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Velletri che gli aveva rigettato la domanda di impugnativa del licenziamento intimatogli il 31/3/1999 dal proprio Ente per assenza ingiustificata dal posto di lavoro per oltre dieci giorni consecutivi. La Corte capitolina, pur ritenendo che non vi era prova del perfezionamento del procedimento notificatorio della contestazione disciplinare, stante la mancanza dell’avviso di ricevimento o l’attestazione di compiuta giacenza, aveva affermato che era, comunque, certo che la stessa nota d’addebito era stata spedita al ricorrente a mezzo raccomandata A.R., aggiungendo, tra l’altro, che poteva presumersi l’arrivo del plico postale al destinatario nei due giorni successivi.
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