L’accesso di un cittadino straniero ad un profilo dirigenziale: il caso della sanità e dei direttori dei musei
Approfondimento di S. Simonetti
Un cittadino straniero, anche dell’Unione europea, può essere assunto come dirigente in una pubblica amministrazione italiana?
La questione è stata oggetto di animate polemiche quando, lo scorso luglio, fu fatto ricorso contro le nomine dei direttori di sette siti museali italiani. Nei giorni scorsi la sesta sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di rinviare la decisione all’Adunanza Plenaria alla luce delle contrastanti pronunce, soprattutto per verificare se alle selezioni indette dal Ministero dei Beni Culturali potevano partecipare cittadini tedeschi, austriaci e inglesi, poi risultati vincitori.
La problematica è stata di grande richiamo mediatico per l’importanza e la fama dei siti interessati e per gli effetti innovativi della riforma voluta dal Governo ma – una volta in mano ai giudici amministrativi – il punto nodale naturalmente è tornato ad essere limitato al solo perimetro della legittimità degli atti. La norma legislativa in discussione è l’art. 38 del d.lgs. 165/2001 il quale al comma 2 dispone che “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ….. sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana”.
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