La PA più leggera d’Europa: spesa il 18% sotto la media Ue

Nel confronto internazionale pubblicato dalla Ragioneria le distanze nel costo dei dipendenti. Nel 2024 prima ripresa generalizzata degli organici, ma la strada è ancora lunga

 

Il Sole 24 Ore
24 Luglio 2025
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di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore)

È ancora lunga la strada del «rafforzamento amministrativo», quell’opera di ricostruzione di organici e competenze della PA italiana che fin dai primi giorni del PNRR è subito apparsa come un passaggio inevitabile per far funzionare davvero la nostra macchina pubblica. I dati dell’ultimo conto annuale del personale, il censimento dei dipendenti pubblici appena diffuso dalla Ragioneria generale (Nt+ Enti locali & edilizia di ieri), indicano che qualche passo è stato compiuto, con una crescita che nel 2024 ha portato il numero di impiegati a 3,34 milioni (+1,33% sull’anno precedente) e che soprattutto, per la prima volta, ha coinvolto seppur in modo marginale anche i Comuni (+0,66%). Ma basta dare un’occhiata fuori dai confini nazionali per misurare gli effetti strutturali prodotti dalla lunga traversata nel decennio scorso, cadenzato da congelamenti a contratti e retribuzioni, freni al turn over e tagli di ogni tipo nel tentativo di arginare la crisi di finanza pubblica esplosa fra 2010 e 2011.

È la stessa Ragioneria generale a mostrare i dati di base, in un focus intitolato ai «Confronti internazionali» che affianca i numeri chiave della nostra PA a quelli di Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e della Ue a 27 Paesi. Confermando che l’immagine dell’amministrazione pubblica come carrozzone pletorico è inattuale da almeno dieci anni.

Primo: in base ai dati ricavati dalla Commissione europea dai documenti ufficiali di finanza pubblica e messi a confronto dal documento del Mef, la spesa per i dipendenti pubblici si è attestata lo scorso anno a 3.126 euro per ogni italiano. Si tratta del 17,7% in meno rispetto ai 3.800 euro pro capite registrati nella media dell’Unione europea, ma la distanza cresce al 19,6% se si assume come termine di paragone la Francia (3.889 euro a cittadino) e arriva al 38,5% nel confronto con i 5.085 euro all’anno spesi da ogni tedesco.
Il risultato, in un calcolo che somma retribuzioni lorde e contributi, è la conseguenza appunto della lunga e rigida dieta imposta alla PA nell’Italia del debito pubblico sotto pressione, prima che il Covid facesse saltare parametri e vincoli di finanza pubblica.

Anche qui le comparazioni internazionali parlano un linguaggio esplicito. Fra 2015 e 2024, la spesa per i dipendenti pubblici in Italia è cresciuta in termini nominali del 14%, passando dai 164 miliardi di dieci anni fa ai 187 scritti nei conti del 2024. Nello stesso arco temporale, il complesso dell’Unione faceva salire i costi totali del 31,8% e la Germania arrivava a un tasso cumulato del 40,8%, mentre la Spagna si fermava al +36,1% e la Francia al +24,9%. Il dato si fa ancora più chiaro se depurato dall’inflazione registrata nel periodo dall’Unione europea: con questa accortezza, l’Italia è l’unica a mostrare un valore reale della spesa per dipendenti pubblici in diminuzione netta nel decennio (-9,9%), mentre la media della Ue rimane in territorio positivo (+4,2%) e Spagna (+7,6%) e Germania (+11,3%) battono in modo ancora più evidente la dinamica dei prezzi.

Sia l’espansione della spesa per i dipendenti pubblici negli altri Paesi sia la sua contrazione in Italia hanno spiegazioni semplici. La prima è legata al fatto che l’invecchiamento della popolazione in un Continente dalla demografia fredda aumenta la domanda di sanità, e di un welfare territoriale chiamato anche a sostenere le esigenze di una società sempre più spezzettata. L’Italia invece non ha potuto né voluto farlo, pressata da un debito pubblico da rifinanziare senza spaventare i mercati e mossa da priorità politiche che sono andate in tutt’altra direzione.

Il confronto sugli organici, fermo al 2021 per carenza di dati comparabili, mostra il punto di partenza del «rafforzamento amministrativo» che si è cominciato a tentare negli anni del PNRR. In Italia in quell’anno i dipendenti pubblici erano 5,7 ogni 100 residenti, contro i 6,1 della Germania, i 7,3 della Spagna, gli 8,1 del Regno Unito e gli 8,3 della Germania. Come si vede, la distanza è netta rispetto a tutti i modelli di Paesi, centralisti e federalisti, statalisti o liberali. Ed è troppo profonda per essere rimarginata in fretta, come accade sempre con i problemi strutturali che travalicano l’orizzonte temporale di un dibattito politico schiacciato su un eterno presente.

I numeri per ora mostrano un primo cambio di direzione, con una ripresa che però si manifesta ancora più decisa nella PA centrale (+2,89% di dipendenti fra 2023 e 2024) che in quella locale (+0,66%), e con lo stanziamento, inedito, delle risorse per tre tornate contrattuali (quella in corso, finanziata dalla manovra 2024, e le successive due, coperte dall’ultima legge di bilancio). Ma le ferite si sentono, e paradossalmente ostacolano anche la ripresa contrattuale soprattutto nei settori più svantaggiati, come mostrano le traversie vissute fin qui dal rinnovo negli Enti locali mentre ministeri, agenzie fiscali, Enti nazionali e sanità hanno trovato l’intesa.

* Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 24 luglio 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l

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