La distinzione tra responsabilità disciplinare e responsabilità dirigenziale in sanità

Approfondimento di Stefano Simonetti

Quando nel 1993 con la riforma Amato venne contrattualizzato il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici riconducendolo sotto la fonte normativa del codice civile, molti aspetti normo-economici sono cambiati per tutti i lavoratori pubblici e, ovviamente anche per i dirigenti del Sistema sanitario nazionale (SSN). Per questi ultimi, in particolare, vennero abolite le sanzioni disciplinari conservative ritenute incompatibili con il ruolo e le prerogative dirigenziali. Tuttavia dopo una quindicina di anni e numerosi contratti collettivi, nel 2010 con i due CCNL del 6 maggio 2010 – rispettivamente per l’Area III e per l’Area IV – sono state reintrodotte perché la “sperimentazione” aveva prodotto risultati contrastanti. Innanzitutto l’esistenza di una sola sanzione – quella espulsiva del recesso, con o senza preavviso – ha fortemente destabilizzato i rapporti tra dirigenti e direzioni aziendali in quanto per fatti e comportamenti non particolarmente gravi si era di fronte all’alternativa tra lasciare impunito il fatto o adottare la misura più drastica. La questione nei primi anni venne affrontata con un approccio quasi pionieristico e nei riguardi delle mancanze più lievi molte aziende hanno agito sulla valutazione e sulle sue conseguenze sulla retribuzione di risultato e sulla progressione di carriera (sistema degli incarichi). Tuttavia tale scelta aveva un profondo difetto di partenza: quello di confondere un illecito disciplinare con la capacità dirigenziale sia essa di natura professionale (verificata dal Collegio tecnico) sia essa di tipo gestionale (verificata dal Nucleo di Valutazione). Forse un esempio rende meglio il disallineamento. Poniamo il caso di un medico, diciamo un ortopedico, che ha molti problemi caratteriali ed entra spesso in contrasto con i colleghi e i pazienti, fino a che un giorno viene a vie di fatto in reparto davanti al pubblico. L’episodio non può essere naturalmente sottovalutato ma come detto non esiste altra sanzione che il recesso per giusta causa o giustificato motivo. Qualora si ricorresse surrettiziamente a penalizzazioni di carriera o sulla retribuzione accessoria si cadrebbe in un equivoco perché il medico in questione in sala operatoria è uno dei migliori professionisti e in tema di prestazioni la sua performance è ineccepibile sia per qualità che per quantità. Di questi casi ne sono accaduti parecchi.

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