La perdita di una parte della retribuzione per il lavoratore del settore pubblico assente per malattia non è un norma ingiusta. Parola della Corte costituzionale che con sentenza 120/2012 seppellisce le speranze degli impiegati pubblici che contestano le norme dell’ex ministro della Funzione pubblica Brunetta. Non sono però ridotti i trattamenti più favorevoli previsti dai contratti collettivi e dalle normative di settore per le assenze di malattia collegate a: infortunio sul lavoro, causa di servizio, ricovero ospedaliero, day hospital, patologie gravi con necessità di terapie salvavita. Un buon numero di dipendenti del ministero dell’istruzione ha fatto ricorso alla magistratura chiedendo che anche durante i primi 10 giorni di malattia non sia ridotta la busta paga (con la decurtazione delle competenze accessorie), ricordando che per i lavoratori del settore privato le prestazioni dovute per legge dall’Inps e le integrazioni a carico dei datori di lavoro consentono in sostanza di avere lo stipendio senza riduzioni per il periodo di assenza. Ma i giudici della Consulta non si sono trovati d’accordo. Hanno rigettato l’improbabile equazione con il settore privato poiché le situazioni non sono comparabili e hanno confermato la «forza deterrente» della penalizzazione economica (giudicata peraltro di lieve aggravio) che ha avuto il potere di ridurre il fenomeno dell’assenteismo. E la legge deve tenere conto anche del buon andamento della pubblica amministrazione troppo spesso calpestato da finte malattie.
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