In realtà, oltre le 4.028 eccedenze di personale non dirigente nelle amministrazioni centrali indicate dal ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, ci sono oggi a Roma e nel Lazio 177mila lavoratori finiti sotto la lente dei potenziali tagli.
Tanti sono i dipendenti pubblici impiegati nella regione e divisi per sanità (50mila unità), enti pubblici non economici come l’Inps (12mila), enti locali (51mila), ministeri (46mila), oltre a una quota inferiore impiegata tra agenzie fiscali, presidenza del Consiglio e Vigili del Fuoco.
«A tutti loro – spiega Lorenzo Mazzoli, segretario regionale della Funzione Pubblica Cgil – guarda il decreto della spending review lasciando però una grande confusione sul dove il governo deciderà di far calare la scure dei tagli.
Lo sviluppo del decreto è ancora in una fase molto farraginosa.
È certo però che quando si abbatterà Roma sarà la città più colpita in assoluto».
Le prime stime sindacali parlavano di circa 16mila unità, un vero dramma che adesso sembra ricomposto e ridotto intorno alla cifra di 8mila possibili esuberi.
La verità è che gran parte del taglio avverrà nelle zone d’ombra.
Una di queste è sicuramente quella dove vivono e lavorano i 5mila precari della sanità.
Il decreto Balduzzi ha prorogato i loro contratti di altri 3 anni ma si attende la decisione del superconsulente del governo Enrico Bondi che dovrà pronunciarsi anche su questa voce.
E un costo elevatissimo alla spending review lo pagherà anche la sanità privata che si troverà di fronte a un riduzione del 20% dei trasferimenti pubblici.
Questo ovviamente influirà sulla possibilità di continuare a sostenere una forza lavoro che nel Lazio conta 15mila persone.
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