Dotazione organica, fabbisogni e facoltà assunzionali: sono davvero la stessa cosa?

Articolo di Giuseppe Canossi

di Giuseppe Canossi (*)

È acceso, in dottrina, il dibattito su questa domanda. Siamo tutti in attesa della circolare Madia sulle linee guida di applicazione dell’ultima riforma e, per mia scelta, non mi inserisco d’abitudine in dibattiti pubblici su questioni così delicate, la cui portata interessa il futuro organizzativo e gestionale dell’intera P.A., oltre che i livelli di autonomia delle Amministrazioni territoriali.

Nel caso di specie, peraltro, trovo quanto meno curioso il diffuso “accanimento” sulla questione di cui al titolo, posto che le norme della riforma appaiono, a sommesso avviso di chi scrive, piuttosto chiare e di difficile fraintendimento.

Si legge, nei commi 2 e 3 del nuovo art. 6 del D.Lgs. n. 165/2001:

2. Allo scopo di ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance … Il piano triennale indica le risorse finanziarie destinate all’attuazione del piano, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente. 3. In sede di definizione del piano di cui al comma 2, ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati … , nell’ambito del potenziale limite finanziario massimo della medesima … Resta fermo che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente.”.

Il legislatore (comma 2) struttura quindi (ancora oggi) l’intero sistema degli organici su più cardini: la dotazione organica, i fabbisogni, la pianificazione occupazionale e i relativi limiti di spesa e di turn over. Coerentemente, prende le mosse dai fabbisogni (già previsti da anni di riforme), intesi quali risultato di un’analisi di necessità organiche volta a “ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini”, per poi richiedere la verifica della compatibilità finanziaria con la spesa del personale (e quindi coi relativi “tetti” massimi consentiti dalle norme finanziarie nel tempo in vigore) e con le risorse spendibili in base alle facoltà assunzionali (in quanto ammesse, anche queste, dalle norme medesime). Il comma 3, poi, esordisce imponendo a ciascuna Amministrazione di indicare la consistenza della dotazione organica e di rimodularla in base a quei fabbisogni (se ad es. la dotazione non contempla un determinato profilo professionale o presenta scarsità di posti, dovrà istituirlo o accrescerli, eliminando o trasformando posti non più necessari). Infine – e questo risolve il quesito – stabilisce che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente, ove i posti non possono che essere quelli vacanti, coerenti col fabbisogno; se il legislatore prevede – esso stesso e letteralmente – che la copertura può incontrare dei limiti, non è chi non veda che la dotazione organica può rimanere parzialmente scoperta. Ne deriva che quest’ultima deve corrispondere ai fabbisogni, ma anche che questi ultimi non coincidono in alcun modo con le effettive facoltà assunzionali. Ergo, le dotazioni organiche non hanno un significato sostanzialmente diverso da quanto previsto prima della riforma, la quale interviene invece, soprattutto con l’art. 6-ter, su meccanismi di indirizzo statale che potranno coinvolgere anche le autonomie territoriali, con ogni conseguente questione sulla lettura costituzionalmente orientata che a tali disposizioni bisognerà dare, anche nella prevista sede di confronto della Conferenza Unificata.

L’elemento dirimente, sul piano interpretativo, non è poi solo quello letterale, appena descritto, bensì anche – e soprattutto – quello costituzionale appena rammentato. Sostenere che la dotazione organica sarebbe null’altro che la fotografia del personale assumibile, come spesso si legge, varrebbe a dire che gli Enti territoriali non potrebbero “denunciare” i reali fabbisogni, a fronte di una legislazione statale a dir poco invasiva, che continua a comprimere l’autonomia finanziaria e organizzativa riconosciuta a detti enti dalla Carta. [1] Le amministrazioni stesse, viceversa, devono sempre rilevare i fabbisogni reali, formalizzando anche quali non siano esaudibili per effetto di elementi esterni alle loro necessità (i limiti e i tagli orizzontali imposti dal legislatore statale). Diversamente opinando, le dotazioni finirebbero per rappresentare una falsa realtà.

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(*) Membro del Gruppo Tecnico del Comitato di Settore Regioni/Autonomie Locali. Consulente ANCI
(1) Basti leggere, al riguardo, le conclusioni raggiunte dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 218/2015, in tema di turn over.

 

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO:


Maggioli Formazione

Fabbisogni, organici e modalità assunzionali dopo la riforma del pubblico impiego (D.Lgs. n. 75/2017)
Fabbisogni e procedure di assunzione (concorsi, graduatorie, mobilità, stabilizzazioni e nuove “progressioni verticali”)

Cagliari 26 settembre 2017

Milano 10 ottobre 2017

Bologna 31 ottobre 2017

Bari 7 novembre 2017

Roma 28 novembre 2017

 

 

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