Indice
L’innovazione che parte dalle persone
La trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione italiana procede a ritmi sostenuti: SPID, app IO, PagoPA sono ormai realtà consolidate che hanno modificato profondamente il rapporto tra cittadini e istituzioni. Per non parlare, poi, di digitalizzazione e strumenti di intelligenza artificiale. Eppure, dietro ogni innovazione tecnologica di successo, c’è sempre un elemento umano decisivo: la capacità di pensare in modo diverso, di mettersi nei panni dell’altro, di collaborare superando le tradizionali barriere organizzative.
È in questo contesto che il design thinking emerge come metodologia strategica per la PA del futuro. Non si tratta dell’ennesima formula manageriale importata dal settore privato, ma di un approccio sistematico che può trasformare radicalmente il modo in cui gli enti pubblici progettano servizi, risolvono problemi e, soprattutto, sviluppano quelle competenze trasversali sempre più cruciali nell’era della complessità.
>> Volume dedicato: “Guida pratica all’adozione dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione” di Giovanna Panucci
Il design thinking: dalle origini alla PA
Nato negli anni ’60 nell’ambito del design industriale e sistematizzato dalla Stanford d.school e dall’agenzia IDEO, il design thinking ha progressivamente conquistato il mondo aziendale prima di approdare nel settore pubblico. Paesi come Regno Unito, Danimarca e Singapore hanno fatto da apripista, creando veri e propri laboratori di innovazione governativa basati su questi principi.
In Italia, l’Agenzia per l’Italia Digitale e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale hanno iniziato a promuovere questo approccio attraverso linee guida, toolkit e progetti pilota. Ma cosa rende il design thinking così rilevante per la Pubblica Amministrazione?
La risposta sta nella sua natura profondamente democratica e partecipativa. Il metodo si fonda su cinque fasi interconnesse:
1. Empatizzare: comprendere profondamente i bisogni, le frustrazioni e le aspettative degli utenti attraverso l’osservazione diretta e l’ascolto attivo.
2. Definire: sintetizzare le informazioni raccolte per identificare il problema reale da risolvere, spesso diverso da quello inizialmente percepito.
3. Ideare: generare il maggior numero possibile di soluzioni creative attraverso sessioni di brainstorming strutturate e inclusive.
4. Prototipare: trasformare rapidamente le idee migliori in modelli tangibili, anche rudimentali, che possano essere testati.
5. Testare: verificare sul campo l’efficacia delle soluzioni, raccogliendo feedback per iterare e migliorare continuamente.
Questo processo ciclico e iterativo si contrappone all’approccio lineare e top-down tradizionalmente adottato nella PA, dove le soluzioni vengono spesso calate dall’alto senza un reale coinvolgimento degli utenti finali.
Le soft skill come motore del cambiamento
L’applicazione del design thinking nella PA produce un effetto collaterale prezioso: lo sviluppo naturale e progressivo di competenze trasversali che il World Economic Forum identifica come cruciali per il futuro del lavoro. Vediamole nel dettaglio, con particolare attenzione al contesto pubblico.
Empatia istituzionale: oltre lo sportello
L’empatia nel contesto pubblico va oltre la semplice cortesia allo sportello. Significa sviluppare una comprensione profonda delle diverse tipologie di utenti che interagiscono con la PA: dall’anziano che fatica con il digitale all’imprenditore che cerca efficienza, dal cittadino straniero che affronta barriere linguistiche al professionista che necessita di risposte tecniche precise.
Ad esempio, un comune potrebbe utilizzare tecniche di “user journey mapping” per ridisegnare il percorso di richiesta dei certificati anagrafici. Osservando direttamente i cittadini negli uffici e online, i funzionari potrebbero scoprire che il problema principale non è la lentezza del sistema, ma la confusione generata da terminologie tecniche incomprensibili. La soluzione? Un glossario interattivo e una riformulazione completa delle comunicazioni in linguaggio c.d. plain, una pratica di scrittura e comunicazione che mira a rendere testi complessi il più chiari, accessibili ed efficaci possibile per un ampio pubblico, concentrandosi sulle esigenze del lettore. Questo approccio, quando applicato, porta regolarmente a miglioramenti significativi nella soddisfazione dell’utenza e nella riduzione dei reclami.
Creatività sistemica: ripensare l’impossibile
Nella PA, “creatività” non significa inventare dal nulla, ma trovare soluzioni innovative all’interno di vincoli normativi, budgetari e organizzativi spesso stringenti. Il design thinking allena questa “creatività vincolata” attraverso tecniche come il “What if…?” o il “How might we…?”, che spingono a immaginare scenari alternativi partendo dalla realtà esistente.
Si potrebbe applicare questo approccio per affrontare, ad esempio, il problema delle lunghe code agli sportelli edilizi. Invece di assumere più personale (soluzione costosa e complessa), un team multidisciplinare potrebbe ideare un sistema di pre-istruttoria online dove i cittadini caricano documenti e ricevono un primo feedback automatizzato. Quando implementate, soluzioni di questo tipo hanno portato a riduzioni anche del 40% degli accessi fisici, con maggiore soddisfazione sia per gli utenti che per i dipendenti.
Collaborazione orizzontale: abbattere i silos
C’è un però. Il design thinking richiede team multidisciplinari dove gerarchie e competenze si mescolano in modo fluido. Questa modalità di lavoro è particolarmente sfidante per la PA, tradizionalmente organizzata per compartimenti stagni. Tuttavia, quando implementata correttamente, produce risultati straordinari.
Alcune amministrazioni regionali stanno sperimentando i “Design Lab”, workshop intensivi dove dirigenti, funzionari, tecnici informatici e rappresentanti dei cittadini lavorano insieme per co-progettare servizi. In questi spazi, l’idea del neoassunto vale quanto quella del dirigente con trent’anni di esperienza, creando un ambiente di innovazione democratica che valorizza il contributo di tutti. L’esperienza dimostra che questo approccio non solo genera soluzioni più efficaci, ma contribuisce anche a migliorare il clima organizzativo e il senso di appartenenza dei dipendenti.
Pensiero critico e problem solving evoluto
Il design thinking sviluppa la capacità di “reframing”, ovvero di ridefinire i problemi guardandoli da prospettive diverse. Questa competenza è fondamentale nella PA, dove spesso si tende a replicare soluzioni standardizzate senza interrogarsi sulla natura profonda delle criticità.
Un caso emblematico potrebbe essere il problema dell’evasione della TARI o TCP. L’approccio tradizionale prevede tipicamente di intensificare controlli e sanzioni. Applicando il design thinking, si potrebbe scoprire che molti cittadini non pagano per difficoltà nel comprendere le modalità di calcolo e pagamento, non per volontà evasiva. La soluzione? Un calcolatore online semplificato e una campagna di comunicazione basata sulla trasparenza. Quando applicato, questo tipo di approccio ha dimostrato risultati spesso superiori alle tradizionali azioni repressive, aumentando la compliance spontanea.
Strumenti pratici per iniziare
Per i dirigenti e i funzionari che vogliono introdurre il design thinking nel proprio ente, ecco alcuni strumenti concreti e immediatamente applicabili:
1. Le Personas
Creare profili dettagliati degli utenti-tipo dei servizi, includendo non solo dati demografici ma anche bisogni, frustrazioni, competenze digitali e contesto d’uso. Questo strumento aiuta a mantenere sempre al centro la prospettiva del cittadino.
2. Il Customer Journey Mapping
Mappare passo dopo passo l’esperienza del cittadino nell’interazione con un servizio, identificando i “pain points” (punti di dolore) e le opportunità di miglioramento. Questo esercizio rivela spesso criticità invisibili dall’interno dell’organizzazione.
3. Il Brainstorming strutturato
Utilizzare tecniche come il “6-3-5” (6 persone, 3 idee, 5 minuti) o il “Crazy 8s” (8 idee in 8 minuti) per generare rapidamente un gran numero di soluzioni, superando i blocchi creativi tipici degli ambienti formali.
4. Il Prototipaggio rapido
Creare versioni semplificate dei servizi (mockup di interfacce, bozze di moduli, simulazioni di processi) da testare con utenti reali prima dell’implementazione definitiva. Questo approccio “fail fast, learn fast” riduce il rischio di investire risorse in soluzioni inefficaci.
5. I Test A/B
Sperimentare versioni alternative di un servizio su gruppi ristretti di utenti per valutare empiricamente quale funziona meglio, basando le decisioni su dati oggettivi anziché su supposizioni.
Superare le resistenze: una roadmap per il cambiamento
L’introduzione del design thinking nella PA incontra inevitabilmente resistenze culturali e organizzative. Ecco come affrontarle:
Resistenza 1: “Non abbiamo tempo per queste cose”. Soluzione: Iniziare con progetti pilota di piccola scala che richiedono investimenti minimi ma producono risultati visibili rapidamente. Il successo genera interesse e adesione.
Resistenza 2: “La normativa non lo permette”. Soluzione: Il design thinking non viola alcuna norma, anzi aiuta a interpretarla in modo più funzionale agli obiettivi di servizio pubblico. Coinvolgere l’ufficio legale fin dalle prime fasi per trasformarlo da ostacolo in alleato.
Resistenza 3: “I cittadini non sono pronti”. Soluzione: Proprio il coinvolgimento diretto degli utenti dimostra spesso che sono più aperti all’innovazione di quanto si pensi. Inoltre, il design thinking permette di progettare soluzioni inclusive che non lasciano indietro nessuno.
Resistenza 4: “È solo un’inutile moda passeggera”. Soluzione: Presentare casi di successo concreti e misurabili, sia nazionali che internazionali. I numeri parlano più delle parole.
Misurare l’impatto: KPI per le soft skill
Per consolidare l’approccio, è fondamentale misurare non solo i risultati dei progetti ma anche lo sviluppo delle competenze. Alcuni indicatori che vale la pena considerare:
Indice di collaborazione inter-ufficio: numero di progetti trasversali attivati
Tasso di innovazione: percentuale di servizi ridisegnati con approccio user-centered
Soddisfazione dei dipendenti: misurata attraverso survey sul clima organizzativo
Net Promoter Score dei cittadini: quanto raccomanderebbero il servizio ad altri
Tempo di risoluzione dei problemi complessi: riduzione dei tempi grazie a approcci strutturati
Numero di idee generate e implementate: dal basso verso l’alto
Conclusioni: un investimento sul capitale umano
Il design thinking nella Pubblica Amministrazione non è solo una metodologia per migliorare i servizi: è un investimento strategico sul capitale umano degli enti. Le soft skill sviluppate attraverso questo approccio (empatia, creatività, collaborazione, pensiero critico) non sono competenze accessorie ma fondamentali per affrontare le sfide di una società sempre più complessa e interconnessa.
In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale automatizzerà sempre più processi amministrativi, saranno proprio queste competenze umane a fare la differenza. La capacità di comprendere i bisogni non espressi, di trovare soluzioni creative a problemi complessi, di facilitare la collaborazione tra stakeholder diversi: sono questi i superpoteri del dipendente pubblico del futuro.
Il percorso non è semplice né immediato. Richiede coraggio da parte dei dirigenti, apertura mentale da parte dei funzionari, pazienza da parte di tutti. Ma i benefici per l’organizzazione, per i dipendenti e soprattutto per i cittadini, ripagano ampiamente lo sforzo.
Come ricorda Tim Brown, CEO di IDEO e uno dei padri del design thinking: “Il design thinking è una disciplina che usa la sensibilità e i metodi del designer per far incontrare i bisogni delle persone con ciò che è tecnologicamente fattibile e con ciò che una strategia percorribile può convertire in valore per il cliente e opportunità di mercato“. Nel caso della PA, quel “valore per il cliente” si traduce in valore pubblico, in fiducia nelle istituzioni, in qualità della vita per tutti i cittadini.
Il futuro della Pubblica Amministrazione passa necessariamente attraverso lo sviluppo di queste competenze. Non è più tempo di chiedersi “se” adottare il design thinking, ma “come” farlo nel modo più efficace possibile.
Per approfondire il tema del design thinking applicato alle soft skill nella Pubblica Amministrazione, è disponibile una puntata dedicata del podcast “Strategie per l’innovazione” di Maggioli Training su Spotify, dove MIA, l’intelligenza artificiale di Maggioli Editore, condivide esperienze pratiche e consigli operativi per iniziare questo percorso di trasformazione.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento