Nella p.a. riparte la concertazione

Fonte: Italia Oggi

La pubblica amministrazione è da tempo oggetto di svariati progetti di riforma. L’obiettivo manifesto è quello di consentire a essa di favorire lo sviluppo dell’intero sistema paese, visto che alla p.a. fanno capo una serie di rapporti fondamentali per l’attività economica delle imprese e per la corretta erogazione dei servizi alla persona. Massimo Battaglia, segretario generale dell’organizzazione sindacale Confsal-Unsa, nata nel 1954, ha partecipato ai lavori presso il dipartimento della funzione pubblica per la definizione di un nuovo accordo sul pubblico impiego.Domanda. Segretario, questi lavori alla funzione pubblica sono uno specchietto per le allodole oppure siamo in presenza di qualcosa di nuovo?Risposta. La partenza dei negoziati a dire il vero è stata stentata, tanto da far presagire un epilogo non soddisfacente. Ho avuto il sospetto che a causa della contemporanea discussione portata avanti dal ministro Fornero sul mercato del lavoro nel settore privato, il governo avesse l’esigenza di realizzare una discussione, almeno formale, con le Oo.ss. anche sul settore pubblico. Invece il confronto è cresciuto a livello di qualità, e grazie alla disponibilità del governo, è stato possibile conseguire risultati molti importanti e condivisi. Ne è scaturito un Accordo in base al quale si rilancia un migliore progetto di riforma della pubblica amministrazione superando alcune criticità del passato già evidenziate in questi ultimi anni, sia dalla Confsal-Unsa che da altre organizzazioni sindacali.D. Quali sono i punti qualificanti di questo accordo?R. Il primo senza dubbio riguarda il metodo. Vi è stato un rilancio del metodo concertativo, cioè dell’inclusione delle parti sociali nel processo decisionale. È quello che tutti i lavoratori chiedevano da anni, offesi nella dignità da una classe politica capace di operare con la forza dei decreti legge. Del resto, la riforma del decreto legislativo 150/09 ha avuto molte resistenze sia da parte delle Oo.ss:, con modalità differenti a seconda delle singole valutazioni, che dei lavoratori stessi a causa del metodo scelto per attuarla: un metodo che bypassava la concertazione, ritenendola un vezzo di cui si poteva fare a meno in virtù di una maggioranza parlamentare granitica. Fu un grave errore, politico e prima ancora culturale, segno del persistente scollamento tra esponenti politici e cittadinanza. Non si può ricostruire dalle fondamenta la p.a. prescindendo dalla partecipazione, e quindi dall’adesione, di milioni di lavoratori al processo di riforma. Il ministro Patroni Griffi ha avuto il merito di ripartire dalla concertazione. Ciò gli va riconosciuto perché le trattative non sono sempre facili e richiedono una capacità politica notevole, prima di tutto per mettersi in gioco, e poi per trovare il punto di sintesi tra le diverse posizioni e tra le diverse esigenze. D. Quali sono i contenuti innovativi che porta l’Accordo al mondo del pubblico impiego?R. Sono davvero molti. Tra le righe si può individuare il riconoscimento, anche da parte pubblica, dell’approccio meramente ragionieristico dei tagli lineari operati dal governo precedente e l’ammissione che la razionalizzazione della p.a. passa per un approccio selettivo. È poi stato compiuto un passo fondamentale per correggere uno dei punti più critici del decreto legislativo 150 del 2009, il controverso sistema di divisione dei dipendenti in tre fasce, di bravi-medi-incapaci, il c.d. 25-50-25. La divisione in fasce pre-costituite a monte, ben lungi dall’essere fonte di stimolo della produttività, era offensiva della dignità del lavoratore. E poteva comportare vere e proprie ingiustizie economiche; come abbiamo ripetutamente spiegato al precedente ministro, applicando quelle fasce di merito, si sarebbero potute creare sostanziali differenze retributive tra lavoratori separati da pochi punti nella graduatoria di valutazione, assegnando a fine anno ad un dipendente 400 euro per la produttività e ad un altro zero euro a causa di un giudizio finale diverso solo per un’inezia. E se mi permette, oggi anche 400 euro in più o in meno per una famiglia sono tanti. Siamo pertanto molto soddisfatti di questo risultato.D. Significa il superamento delle valutazioni individuali?R. Con questo accordo il governo si impegna a eliminare la divisione dei dipendenti nelle tre fasce di merito previste dall’art. 19 del dlgs 150/09. Ciò non significa che il contributo individuale e il merito non vengano misurati. Esistono a tal fine degli strumenti già previsti nei contratti e messi in pratica nei rispettivi contratti integrativi in ogni amministrazione per attribuire in modo differenziato il salario di produttività sulla base dell’impegno individuale. Abbiamo superato da anni la concezione della distribuzione a pioggia delle risorse di amministrazione; abbiamo creduto, già prima di Brunetta, nell’importanza di valorizzare gli sforzi dei lavoratori sottoscrivendo contratti che premiano il merito, poiché crediamo che l’etica del lavoro sia la forza su cui poggia ogni rivendicazione sindacale. Che la parte pubblica abbia accolto la nostra prospettiva di puntare al merito senza i recinti delle fasce di brunettiana memoria è per noi un segno importante; significa che si apre una stagione in cui si ricomincia a parlare la stessa lingua.D. In pratica, le relazioni sindacali ripartono in modo rinnovato e, secondo lei, migliore?R. Sì, il governo ha preso impegni importanti che fanno ben sperare sul rilancio delle relazioni sindacali. Le faccio un esempio: nel testo si fa specifico riferimento a un nuovo modello di relazioni sindacali che prevede il coinvolgimento diretto dei lavoratori in alcune materie chiave, come la retribuzione e la mobilità. La Confsal-Unsa aveva messo in guardia sulla possibilità che, d’un tratto, l’autorità politica tagliasse in modo unilaterale gli stipendi pubblici; un’azione giuridicamente preparata con l’art. 23-ter della legge 214/11, la legge di conversione del decreto Salva-Italia. Oggi, con questo Accordo, il governo e le parti sociali concordano nel riconoscere la competenza esclusiva della contrattazione collettiva e dei contratti nazionali di lavoro nella determinazione della retribuzione. Giù le mani dai nostri stipendi, quindi; stipendi peraltro bloccati ex lege dalla fine del 2009, mentre ci risulta che quelli di molti consigli regionali non fanno altro che crescere. I lavoratori sono stanchi di questa casta, di qualsiasi colore politico. Per ciò che riguarda la mobilità, tema vitale per molti padri e molte madri di famiglia, c’è stata l’intesa di coinvolgere le organizzazioni sindacali in ogni fase della procedura. Senza questa partecipazione dei sindacati, in rappresentanza dei dipendenti, i processi di mobilità sarebbero stati vissuti dagli interessati come atti di persecuzione, individuale e collettiva, come dei veri e propri trasferimenti di massa forzati.D. Ci sono altri punti che qualificano questo nuovo modello di relazioni sindacali? R. Da poco ci sono state le elezioni Rsu, in cui, tra l’altro, la Confsal-Unsa ha ricevuto un enorme segno di fiducia da parte dei dipendenti dei ministeri, con un miglioramento di rappresentatività del 30%. Ebbene, l’accordo sancisce «il pieno riconoscimento del ruolo negoziale» delle Rsu nei luoghi di lavoro, affinché la posizione dei lavoratori sia espressa non solo attraverso i sindacati, nella loro qualità di associazioni organizzate, ma anche attraverso le rappresentanze dirette dei lavoratori elette nei singoli luoghi di lavoro. Valorizzare le Rsu significa, a mio avviso, far un buon servizio alla democrazia. C’è poi un altro aspetto secondo me di grande rilievo. È l’impegno del governo a coinvolgere le organizzazioni sindacali nei processi di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Si è fatto un gran parlare nelle scorse settimane di come effettuare queste razionalizzazioni; si è parlato di tagli di spesa, di esubero di personale e conseguente attivazione di processi di mobilità ecc. Ebbene, secondo me c’era il rischio che tale razionalizzazione si sarebbe trasformata presto in conflitto sociale, per le immense ripercussioni che avrebbe provocato nella vita quotidiana di migliaia di persone. Per questo trovo che sia un ulteriore segno di saggezza del ministro Patroni Griffi, quello di aver riconosciuto su questo tema l’importanza del coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Altra grande novità sarà quella della definizione dei comparti. La riforma Brunetta aveva previsto quattro nuovi comparti. Troppo pochi, lo dicemmo a suo tempo, vista la complessità delle tipologie di lavoro pubblico. Oggi, data la situazione di stallo sull’argomento, si prevede sì una riduzione del numero dei comparti rispetto a quella attuali, ma non limitandoli a quattro come la precedente Riforma. Questo è un altro segno di come si fa politica raggiungendo risultati. I carri armati a volte non fanno molta strada, mentre si può avanzare di più con un atteggiamento più elastico.D. Ha parlato di tipologie di lavoro pubblico. È anche questa una sezione importante dell’Accordo, giusto?R. È vero. La razionalizzazione delle tipologie di contratto nel pubblico impiego avverrà in ogni caso sulla base di due principi per noi fondamentali e presenti nell’accordo. Primo, il contratto a tempo indeterminato è riconosciuto quale forma principale per far fronte al fabbisogno ordinario delle pubbliche amministrazioni. Sulla base di ciò, rinnoviamo la richiesta di consentire un vero e proprio turnover del personale, poiché la macchina pubblica ha bisogno del know how informatico delle nuove generazioni per migliorare la produttività. I giovani fanno in dieci minuti quello che altre fasce di età non riescono a fare, perché non lo sanno fare. E oggi che l’amministrazione pubblica, giustamente, si sta dotando di mezzi per il futuro, si deve dotare di lavoratori che guardano al futuro. Secondo principio: un contrasto dell’uso improprio e strumentale delle tipologie di lavoro flessibile. Sarà sollevata la responsabilità del dirigente colpevole dell’abuso, poiché la trasparenza e la legalità sono fondamentali per ogni attività in generale e per la macchina pubblica ancor di più.D. Quali sono le prospettive dopo questo accordo?R. Dopo la firma definitiva del testo, ci sarà bisogno di una legge delega che dia al governo il mandato di realizzare tutte le modifiche alla normativa vigente, in linea con gli impegni presi nell’accordo. Ci auguriamo che, nella fase di attuazione ci sia spazio anche per introdurre nuovi contenuti nella legge delega, quale ad esempio la riapertura del contratto, visto che quello dei dipendenti pubblici è scaduto già dal 31 dicembre 2009 e quest’anno saremo colpiti da una valanga di tasse. Al fine di arrivare a dare piena efficacia alle novità previste da questo accordo, è stata anche accolta la richiesta della Confsal di prevedere dei momenti di verifica sullo stato di attuazione dell’intesa. Ciò significa che il sindacato verificherà che il governo passi dalle parole ai fatti concreti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *