Demansionamento: prova del danno subito e risarcimento

OSSERVATORIO GIURISPRUDENZA

Un dipendente agisce in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della dequalificazione subita ed il risarcimento dei danni. Il Tribunale rigetta la domanda, ritenendo non raggiunta la prova circa il lamentato danno subito. In appello si ribadisce la regola della prova a carico del lavoratore e contro la sentenza si agisce in Cassazione. Ordinanza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 6 maggio 2019, n. 11777.

Massima

La responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 del Codice civile è di natura contrattuale. Ne consegue che, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa di demansionamento o dequalificazione, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze, l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo.

Fatto

Con sentenza del 2010, il giudice del lavoro di Ascoli Piceno rigettava la domanda del lavoratore, il quale aveva lamentato, tra l’altro, lo svuotamento di mansioni con decorrenza dal 1998, a seguito di unificazione del reparto elettrico con quello di manutenzione.
L’anzidetta pronuncia veniva appellata dal lavoratore che lamentava l’errata interpretazione delle risultanze istruttorie, sebbene testimoni avessero sostanzialmente confermato le proprie lamentele in relazione all’assegnazione di mansioni deteriori e dequalificanti…

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