“Siamo convinti che sia opportuno combattere le situazioni di disagio economico e sociale, oltre che con l’erogazione di risorse per le famiglie, anche dando opportunità di formazione e lavoro ai componenti dei nuclei familiari, per affrancarli dalla propria condizione di svantaggio. È nostro dovere compiacerci con chi arriva primo, ma non dobbiamo mai perdere di vista coloro che restano indietro. Un’altra cosa è importante. Il Rei ha il pregio di far emergere una domanda sociale inespressa. Sarà un bene ma i Comuni dovranno farsene carico e questo comporterà un aggravio di lavoro: servono risorse e anche personale. Chiediamo al governo di inserire nella legge di bilancio lo sblocco totale del turn over, al momento al 75 per cento, nei Comuni con meno di cinquemila abitanti”.
Decaro ha portato ad esempio gli esperimenti in tema di reinserimento e accompagnamento al lavoro, condotti in alcuni Comuni.
“Noi sindaci vogliamo contribuire attivamente a scrivere l’agenda nazionale del Paese, non solo sui temi della finanza locale. In questo senso, il nostro impegno sul sociale è stato e resta massimo: i cittadini si rivolgono direttamente ai sindaci per tutte le istanze di welfare. Non è dunque un caso se proprio sul reddito di inclusione Comuni e Regioni abbiano già avviato esperienze positive prima del varo della legge nazionale: mi riferisco a Livorno, Ragusa, Napoli, la stessa Bari, l’Emilia-Romagna, la Puglia, il Friuli. Non avremmo potuto fare diversamente. Negli anni della crisi, la platea di cittadini al di sotto della soglia di povertà passava dal milione e ottocentomila persone del 2007 ai 4,7 milioni del 2016 e i Comuni subivano tagli per una cifra complessiva di 9 miliardi. Eppure, noi sindaci abbiamo salvaguardato la spesa per il sociale. Adesso che la stagione dei tagli è terminata è il momento di invertire la rotta, e per questo chiediamo ulteriore sostegno da parte del governo: passiamo dal semplice sussidio alla ‘smonetarizzazione’ dei servizi sociali, puntando all’accompagnamento al lavoro”.
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