Il Consiglio di Stato consolida i principi di eleggibilità nella sentenza (Sez. V), del 18 settembre 2025, n. 7381. Nell’ambito di un procedimento d’Appello riguardante l’esclusione di un candidato dalla competizione elettorale regionale in Calabria. L’appellante, ex sindaco del di un Comune, è stato escluso per effetto di una condanna definitiva a un anno e sei mesi per falso ideologico, connesso alla gestione dei fondi per progetti di accoglienza migranti. Il ricorso era stato precedentemente rigettato dal TAR Calabria, con conferma della sussistenza della causa di incandidabilità ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 235/2012 (cd. Legge Severino). L’appello è stato quindi proposto per contestare l’interpretazione e l’applicazione di tale normativa da parte del primo giudice.
Indice
Questioni giuridiche principali
- Applicabilità dell’art. 7, comma 1, lett. d), del d.lgs. 235/2012:
La questione centrale era se la condanna per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, nella qualità di sindaco, potesse rientrare tra le cause ostative alla candidatura ai sensi della disposizione citata. Il tema è rilevante perché la lettera d) copre reati non espressamente elencati, a condizione che siano commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione pubblica; - Natura dell’onere motivazionale a carico dell’Ufficio Elettorale:
L’appellante ha sostenuto che la decisione di esclusione si fondava su un automatismo, senza una motivazione adeguata che dimostrasse l’abuso dei poteri o la violazione dei doveri, come richiesto dalla legge; - Irrilevanza dell’assenza dell’aggravante penale e della pena accessoria:
Si è discusso se la mancata contestazione dell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 9, e la mancata irrogazione della pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici potesse escludere l’applicabilità della Legge Severino.
Ratio decidendi (Analisi giuridica)
Il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità dell’esclusione, affermando che la lettera d) dell’art. 7, comma 1, del d.lgs. 235/2012 copre anche reati diversi da quelli specificamente elencati alla lettera c), purché:
– Comportino abuso dei poteri o violazione dei doveri della funzione pubblica;
– La pena inflitta sia superiore a sei mesi (nel caso di specie: 1 anno e 6 mesi).
Il Consiglio ha rilevato che il reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici integra per sua natura tali presupposti, poiché la falsificazione di atti ufficiali viola direttamente i doveri di lealtà, trasparenza e imparzialità del pubblico ufficiale. L’onere motivazionale richiesto all’Ufficio elettorale, sebbene “attenuato” in presenza di reati strutturalmente connessi alla funzione pubblica, è stato ritenuto assolto. L’Ufficio ha chiaramente riportato la condotta alla violazione di doveri pubblici, ritenendo coessenziale alla fattispecie delittuosa l’abuso delle prerogative funzionali. Infine, è stato precisato che l’assenza dell’aggravante ex art. 61 c.p. o della pena accessoria ex art. 31 c.p. non preclude l’applicazione della Legge Severino, trattandosi di istituti autonomi con presupposti e finalità distinti.
Dispositivo e decisione finale
Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, confermando l’esclusione del candidato dalla competizione elettorale. L’effetto immediato è la definitiva esclusione del soggetto dalle liste elettorali, con validazione del provvedimento emesso dall’Ufficio Elettorale Circoscrizionale.
Implicazioni giuridiche e pratiche
La sentenza conferma e consolida un orientamento interpretativo rilevante in tema di incandidabilità ex art. 7, comma 1, lett. d), d.lgs. 235/2012, chiarendo che alcuni reati, pur non espressamente elencati nella legge, possono comportare l’esclusione se connessi a violazioni di doveri pubblici.
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