Il
d.lgs.75/2017, mediante espressa abrogazione dell’art. 1 comma 236 della L.208/2015, ha precisato al secondo comma dell’art.23 come, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’
ammontare complessivo delle somme destinate annualmente al trattamento accessorio del personale non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016, mentre al terzo comma, ha precisato come gli enti locali possono destinare apposite risorse alla componente variabile dei fondi per il salario accessorio, anche per l’attivazione dei servizi o di processi di riorganizzazione e il relativo mantenimento, nel rispetto dei vincoli di bilancio e di quelli riferiti alle spese di personale, in coerenza con la normativa contrattuale vigente per la medesima componente variabile, fermo restando il limite del non superamento del salario accessorio complessivo dell’anno 2016. Tali nuovi limiti finanziari per gli enti locali hanno due rilevanti conseguenze, la prima in riferimento alla mancata distinzione tra salario accessorio dei dirigenti con quelli del personale dei livelli, la seconda che viene superato il concetto del fondo delle risorse decentrate, con possibili rilevanti conseguenze sulla possibile distinzione tra risorse escluse e quelle incluse nel fondo che fino ad oggi hanno interessato il dibattito interpretativo contabile e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il concetto di flessibilità del salario accessorio
Si ricorda come l’art.1 comma 236 della legge 208/2015 avevano precisato che “… a decorrere dal 1 gennaio 2016 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale,…non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente”.
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