L’assetto normativo su cui interviene si era assestato dopo il c.d. Lodo Bernardo (art. 17, comma 30 ter, legge 3 agosto 2009 n. 102) che aveva limitato la responsabilità amministrativa per danno all’immagine solo in connessione alla commissione di un reato contro la p.a.: si tratta, più precisamente, dei reati di cui all’art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 97, vale a dire dei soli casi in cui il dipendente sia stato condannato, con sentenza irrevocabile, per uno dei delitti di cui al Capo I, Titolo II del codice penale (artt. 314-335-bis c.p.). In presenza di condotte delittuose o non delittuose altrettanto gravi le Procure delle Corti dei Conti non avrebbero potuto esercitare l’azione di responsabilità.
Il collegamento con il profilo penale è ancora più intenso se si considera che nei giudizi di responsabilità amministrativa per i pregiudizi finanziari conseguenti alla commissione di reati contro l’amministrazione, non possono in alcun modo essere messi in discussione i fatti e i comportamenti accertati come criminosi dal giudice penale, sia per quanto riguarda la loro componente oggettiva, sia per quella soggettiva. In questo senso il giudizio amministrativo-contabile perde la propria autonomia istruttoria e decisoria dovendo rimettersi a quanto accertato in sede penale.
I due profili, quello amministrativo e quello penale, così interconnessi sono funzionali a garantire tanto la reazione sanzionatoria e quanto quella risarcitoria, in modo complementare. Il diritto penale reagisce al reato contro la pubblica amministrativa in funzione punitiva, deterrente e rieducativa. Il diritto amministrativo vi reagisce in funzione riparatoria.
In ragione della connessione tra giudizio penale e contabile-risarcitorio si dispone la sospensione, fino alla conclusione del procedimento penale, del termine quinquennale di prescrizione per l’azione di risarcimento del danno erariale e si sancisce, al contempo, la nullità di qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione di questa previsione.
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