Nella circostanza del dipendente che assiste il familiare in stato di handicap grave: le valutazioni della Corte di Cassazione nell’ordinanza 1° marzo 2019, n. 6150
Legge 104
In merito ai permessi ex art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104
Licenziamento e sanzioni disciplinari: le valutazioni della Cassazione Civile (Sez. Lavoro, sentenza 13 luglio 2018, n. 18744)
Poche leggi colpiscono l’immaginario collettivo e sono immediatamente riconoscibili mediante il proprio numero come la legge 104 del 1992. Si tratta della “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap” ma è l’art. 33 quello che periodicamente assurge agli onori (?) della cronaca.
La Corte di Cassazione ha affermato la non riproporzione dei 3 giorni di permesso mensile, per l’assistenza di un familiare con handicap grave (articolo 33 della Legge n. 104/1992), qualora il dipendente sia in part-time.
Interessante sentenza della Corte di Cassazione che afferma che il lavoratore che usufruisce dei permessi della legge 104 per assiste un familiare disabile non può essere trasferito unilateralmente da una sede di lavoro a una nuova quand’anche il trasferimento non comporti lo spostamento a una nuova unità produttiva.
Assistere un infermo non significa stare in sua contemplazione 24 ore su 24, nè abdicare ai propri interessi. È quanto affermato da una recente sentenza della Corte di Cassazione.
Una recente decisione della Cassazione, ci porta a riflettere sulla possibilità di riproporzionare i tre giorni di permesso ex lege n. 104/1992, nel caso di part time verticale.
Il comma 5 dell’articolo 33 della legge n. 104/92 prevede che: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Possono usufruire dei permessi della Legge 104/1992 coloro che prestano assistenza all’altra parte di un unione civile (tra persone dello stesso sesso), così come il soggetto nelle convivenze di fatto (tra persone dello stesso o di diverso sesso) che presti assistenza all’altro convivente.