Innovazioni al procedimento disciplinare nel contesto delle aziende sanitarie

Approfondimento di S. Simonetti

Il decreto legislativo 75/2017 è intervenuto a  modificare molte disposizioni del decreto 165 del 2001 in attuazione della delega della legge 124/2015. La parte più consistente delle modifiche riguarda senz’altro il procedimento disciplinare e la specifica delega era contenuta nell’art. 17, lettera s) della legge Madia. Tuttavia un giudizio  complessivo e sistematico su dette disposizioni non può prescindere da una osservazione critica.

Se alla fine si è tornati al termine massimo di 120 giorni per la conclusione del procedimento (come indicato dal Consiglio di Stato nel proprio parere), come può dirsi rispettata la delega che prevedeva di “accelerare e rendere concreto e certo nei tempi” il procedimento disciplinare? 

In buona sostanza  è tutto come prima e tale accelerazione vige ora (forse) soltanto per i procedimenti ex d.lgs. 116/2016 – quello degli assenteisti, per intenderci – rispetto al quale, tuttavia, le perplessità sia giuridiche che operative sono notevoli. Lungi dall’aver realizzato l’accelerazione il decreto n. 75 ha addirittura previsto tre disposizioni che formalmente allungano il procedimento: il raddoppio da 5 a 10 giorni (peraltro non perentori)  per segnalazione all’UPD, la decorrenza dei termini dalla “piena conoscenza” e l’eliminazione della sospensione dei termini in caso di differimento inferiore ai 10 giorni. Si rileva, altresì, un evidente disallineamento nel nuovo comma 9-ter dell’art. 55-bis dovuto all’inserzione del principio della perentorietà (voluto dal Consiglio di Stato) che non collima con quanto viene detto nel primo periodo laddove, nel declinare le due condizioni di applicabilità della non decadenza dell’azione disciplinare,  ci si riferisce a situazioni indefinite e vaghe che una norma giuridica non dovrebbe mai prevedere.

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