Personale, nei Comuni tetto al 2011/13

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nella versione trasmessa all’Aula di Montecitorio, la legge di conversione del decreto sulla Pubblica amministrazione arricchisce ancora il pacchetto di novità per il personale degli enti locali. Fin dalla versione originaria del decreto, i Comuni hanno visto allargarsi le maglie del turn over (60% dei risparmi ottenuti con le cessazioni dell’anno precedente) e saltare gli altri tetti, a partire da quello che bloccava assunzioni e contratti a termine quando stipendi e uscite connesse assorbono più della metà della spesa corrente. L’unico limite rimasto è quello scritto nella Finanziaria 2007, che agli enti soggetti al Patto di stabilità chiede di garantire la «riduzione» del peso degli stipendi sul totale delle uscite correnti (comma 557 della legge 296/2006; per i Comuni fino a mille abitanti agisce invece il comma 562, che impone di non superare le uscite del 2008). Questa regola finora è rimasta sullo sfondo, priva di una definizione puntuale: ora interviene un nuovo emendamento, che fissa la base di calcolo al valore medio registrato da ogni ente nel 2011/2013. Come accade sempre quando si scrivono parametri collegati alla spesa, il vincolo “premia” gli enti con uscite correnti più elevate e, dopo che il decreto sulla Pa ha cancellato il calcolo consolidato delle spese fra enti e società controllate, finisce per garantire un trattamento di favore alle esternalizzazioni. Grazie agli emendamenti approvati in commissione, chi rispetta i limiti posti dalla Finanziaria 2007 ottiene anche libertà di stipula nei contratti flessibili, perché salta l’obbligo di tenere la spesa per contratti a termine, contratti di formazione-lavoro, somministrazione e lavoro accessorio entro il 50% delle uscite registrate alle stesse voci nel 2009. Non solo: un altro correttivo approvato sul finale dei lavori in commissione apre ulteriormente il turn over negli enti “virtuosi”, perché chi ha mantenuto le uscite di personale entro il 25% della spesa corrente può dedicare alle assunzioni l’80% (anziché il 60%) dei risparmi ottenuti con le uscite dell’anno precedente: anche in questo caso i Comuni che nel tempo hanno esternalizzato più funzioni si trovano avvantaggiati. Tutta questi maggiori spazi per le assunzioni aperti dal decreto originario e dai suoi correttivi si incrociano con un’altra regola importante fissata sul finale in commissione: anche Regioni ed enti locali soggetti al Patto dovranno infatti applicare il «salva-concorsi» già previsto per le amministrazioni centrali dal decreto sul pubblico impiego (articolo 4, comma 3 del Dl 101/2013), e potranno avviare nuovi concorsi solo dopo aver collocato tutti i vincitori nelle graduatorie in vigore (salvo particolari necessità organizzative strutturali e motivate), certificando l’assenza di idonei nelle graduatorie varate a partire dal 2007. Ai revisori dei conti toccherà il compito di certificare, nella relazione che accompagna la delibera sul bilancio, il rispetto delle nuove regole sul personale e sugli incarichi a dirigenti esterni. Su quest’ultimo versante, va anche registrato l’emendamento che estende l’obbligo di fuori ruolo per gli incarichi negli organismi di valutazione (Oiv), mentre si cancella la clausola di salvaguardia per le aspettative già in vigore. Ne capitolo segretari, si precisa che i diritti di rogito negli enti dove non ci sono dirigenti non possono superare il 20% dello stipendio in godimento, e che la tagliola non si applica per i diritti maturati prima del 25 giugno (entrata in vigore del Dl 90). Slitta a novembre, infine, il termine per la spending review nelle Province, a causa del rinvio che ha caratterizzato tutto il meccanismo per gli enti locali scritto nel decreto sul «bonus Irpef».

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