Madia: troppi dirigenti anziani. Faremo la staffetta generazionale

Fonte: Corriere della sera

Marianna Madia ha il non piccolo problema di indicare nel giro di qualche settimana come tagliare la spesa per i dirigenti pubblici nel 2014 (di 500 milioni vorrebbe il piano Cottarelli) e di presentare la riforma della Pubblica amministrazione, ad aprile come vuole il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il tutto mentre entro una decina di giorni, a 33 anni, diventerà mamma per la seconda volta. Per questo si è portata avanti col lavoro ed è pronta con le sue proposte. È una bella giornata di sole e il ministro della Pubblica amministrazione ci dà appuntamento al tavolino di un bar del centro, poco distante da palazzo Vidoni, sede del ministero, «così respiro un po’».

Ministro, la riforma arriverà per disegno di legge o per decreto?
«Partiremo con la riforma della dirigenza, tra fine aprile e inizio maggio. Non abbiamo ancora deciso lo strumento, ma i contenuti sono chiari. In Italia ci sono troppi dirigenti, troppo anziani, che non ruotano e per i quali si è formata una giungla retributiva che non risponde né a criteri meritocratici né a elementi oggettivi. Ci sono persone che fanno la stessa cosa, magari in ministeri diversi, e hanno retribuzioni molto distanti. La retribuzione deve dipendere dall’attività svolta e dai risultati e non dall’ente dal quale si opera».

 

Per non parlare della parte di retribuzione variabile, che viene distribuita a pioggia.
«La riforma Brunetta non ha funzionato. Dobbiamo stabilire un meccanismo di valutazione più semplice, legato a obiettivi non scontati da raggiungere, ma non a livello individuale bensì valorizzando soprattutto i risultati dell’ufficio che si dirige. I premi scatteranno solo a fronte di un evidente miglioramento della performance e ci saranno anche dirigenti che non lo prenderanno».

È vero che nel 2014 i premi saranno sospesi?
«Non c’è nessuna decisione in merito. Meglio far partire subito il nuovo sistema di valutazione».

Quanti dirigenti manderete via?
«Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e più in generale dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l’ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci può essere il rinnovamento della Pubblica amministrazione, ma anzi si andrà verso la sua agonia. Un po’ quello che accade a un Paese che non fa figli. Noi invece dobbiamo avere una visione, un obiettivo politico».

Sicura che si possano prepensionare i dipendenti pubblici senza far saltare i conti?
«Sì. Mi faccia precisare. Non sto dicendo che ai dipendenti anziani debba essere per forza concesso di andare in pensione con le regole prima della Fornero. Per questo ci sono già le norme dei governi Monti e Letta che hanno permesso il prepensionamento di alcune migliaia di dipendenti delle amministrazioni centrali e che ora vogliamo rendere più semplici, con una circolare di prossima pubblicazione, per Regioni ed enti locali a patto che ciò avvenga all’interno di piani di riduzione e svecchiamento del personale, quindi di taglio della spesa. Sto dicendo che ci sono dipendenti pubblici che si trovano tra i vecchi requisiti di pensionamento e i nuovi ai quali, nell’ambito di un piano nazionale di rinnovamento, potrebbe essere permesso di andare in pensione uno o due anni prima. In questo modo sicuramente si ridurrebbero i dirigenti, rinunciando ai più anziani, e si risparmierebbe sulla spesa pur assumendo, cioè sbloccando il turn over , che è un altro dei miei obiettivi».

Si spieghi meglio.
«Faccio un esempio. Se in un posto mando in pensione leggermente anticipata 3 dirigenti, non devo per forza sostituirli, magari al loro posto basta prendere un funzionario. Con questa staffetta generazionale, riduco, svecchio e risparmio».

Ma chi verrà assunto, se ci sono i vincitori di concorso e i precari in lista d’attesa?
«Appunto. I vincitori di concorso nelle amministrazioni centrali avranno diritto di precedenza. Per i precari si può pensare a dei punteggi da far valere in concorsi aperti a tutti».

Ministro, se lei prepensiona i pubblici, i privati reclameranno lo stesso trattamento.
«Credo che il tema di una certa flessibilità nell’età di pensionamento, accompagnato da incentivi e disincentivi che preservino i conti, sia presente anche nelle riflessioni del ministro del Lavoro Poletti. Sia chiaro, io non intendo assolutamente smontare la riforma Fornero, che anzi ha messo in sicurezza il sistema. Ma si può vedere se, rispettando i vincoli di bilancio, si possono introdurre elementi di flessibilità che aiutino a gestire i processi di rinnovamento».

Torniamo ai dirigenti. Come sarà la riforma?
«Innanzitutto ci sarà un nuovo modo di selezione. Non più concorsi dedicati per diverse amministrazioni, ma un concorso per un ruolo unico. Chi vince è abilitato a fare il dirigente. Al massimo il ruolo unico potrà essere articolato su base territoriale. Poi saranno le singole amministrazioni a pescare tra gli idonei secondo le caratteristiche dell’incarico e i titoli dei candidati, con procedure trasparenti. L’incarico sarà a termine e poi si tornerà nel ruolo unico, dove non è detto che si venga chiamati a un nuovo incarico».

Che significa?
«Che i dirigenti bravi ovviamente saranno ricercati, ma altri potrebbero decidere, fatta l’esperienza nel pubblico di farne una nel privato e poi tornare nel ruolo unico. Oppure restare in lista in attesa di un nuovo incarico».

E intanto prendere lo stipendio?
«No, si può immaginare che prendano solo la parte fissa per un tempo. L’importante è favorire una certa concorrenza e meritocrazia».

Già vedo i sindacati di traverso. Anche perché lei ha prefigurato la mobilità obbligatoria.
«Sto incontrando i sindacati di categoria. A loro ho chiesto di aiutarmi perché il tempo a disposizione è breve. Spero collaborino. Favorire lo sblocco del turn over e la stabilizzazione e l’ingresso di giovani dovrebbe essere un obiettivo comune. La mobilità obbligatoria che propongo è a parità di competenze e retribuzione e nell’ambito di un perimetro geografico definito, senza quindi ledere i diritti del lavoratore. Non possiamo più restare in questa situazione dove, per ostacoli burocratici, non riusciamo nemmeno a far funzionare la mobilità volontaria, per esempio tra province e uffici giudiziari. Ai sindacati chiedo di misurarci assieme per uno slancio innovativo».

Ci sarà anche il limite dei 3 mandati e il tetto alla retribuzione dei dirigenti, che Renzi vuole abbassare da 311mila a 239mila euro lordi?
«Sì, sono d’accordo. E aggiungo che intanto la prima circolare che ho firmato è per stabilire che nei 311mila euro vadano compresi anche eventuali vitalizi e retribuzioni di altra natura».

Ministro lei deve proporre la nomina del presidente dell’Istat e dei membri dell’Autorità anticorruzione. Ha già scelto?
«No, ho invece avviato una procedura innovativa. Basta andare sul sito del ministero e partecipare alla selezione inviando una manifestazione d’interesse, il proprio curriculum e una lettera motivazionale. Le candidature per l’autorità si possono mandare fino al 2 aprile, quelle per l’Istat fino al 7. Spero che con questa modalità non si dica che alla fine si sceglie sempre tra i soliti noti o ci si spartisce i posti. La nomina rispetterà comunque le previsioni di legge. Io mi impegno però a proporre nomi scelti tra coloro che avranno partecipato alla manifestazione pubblica d’interesse. Le proposte passeranno per il consiglio dei ministri e dovranno poi avere il parere delle Camere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *