Statali in calo: sono meno di tre milioni

Fonte: Il Messaggero

Decimati dalla crisi e dal blocco delle assunzioni. Nel 2013 l’esercito dei dipendenti pubblici in Italia scenderà sotto la soglia dei tre milioni di persone. A rivelarlo è il ministro della Funzione pubblica, Giampiero D’Alia, in occasione della presentazione del bilancio sociale Inps 2012, anno in cui i dipendenti pubblici sono diminuiti di 130.000 unità (-4,2% rispetto al 2011) passando da 3,23 milioni a 3,1 milioni. Ma sono anche altri i dati interessanti. Tra questi il calo consistente del potere d’acquisto delle famiglie e la spesa in forte aumento per gli ammortizzatori sociali, segnali evidentissimi della devastazione a opera della crisi. Intanto si conferma il buco nei conti: il disavanzo è di 9,8 miliardi, dovuto per la stragrande maggioranza alla fusione con Inpdap e Enpals. Ma l’istituto assicura: «Il bilancio è solido, c’è piena sostenibilità finanziaria». E il ministro del Welfare, Enrico Giovannini, promette: «Un emendamento alla legge di stabilità risolverà gli aspetti contabili».

TRAVET SEMPRE PIÙ MATURI Nel 2008 l’universo dei dipendenti pubblici (statali, enti locali, sanità, ricerca, università) erano 3 milioni e 436.000. In quattro anni scesi di oltre 300.000 unità. Ad eccezione della categoria ufficiali giudiziari (i pignoramenti, d’altronde, sono aumentati) tutte le casse pensionistiche pubbliche hanno iscritti in calo. Non solo. La distribuzione per classe di età evidenzia un progressivo invecchiamento dell’età media dei travet pubblici: gli iscritti fino ai 50 anni diminuiscono in media del 9,3%; quelli oltre i 60 anni (quindi più vicini al pensionamento) invece aumentano del 5,9%. Un trend che accentuerà la dieta dimagrante del settore pubblico. «Nel 2013 si scenderà sotto quota tre milioni» dice il ministro D’Alia. Dal 2014, però, la musica, in seguito agli effetti del decreto sui precari, cambierà. «Solo inserendo giovani motivati e recettivi alle nuove tecnologie eviteremo il rischio che l’invecchiamento dei dipendenti combinato con i tagli al settore pubblico generi inefficienza».

L’EROSIONE DEI REDDITI Che la crisi in questi anni avesse asciugato redditi, risparmi e aspettative, era più che noto. Tra il 2008 e il 2012 il reddito disponibile medio è calato dell’1,8%. Ma il dato che indica in modo più chiaro lo scivolamento verso la povertà, è il potere d’acquisto: -9,4% in quattro anni. Un vera e propria caduta verticale. Che, secondo la Confesercenti, non ha ancora toccato il fondo: nel 2013 c’è un altro calo del 4,8%, pari a circa 25 miliardi di euro. D’altronde le fabbriche hanno continuato a chiudere, il mondo dei servizi è in crisi nera, i contratti anche precari o da apprendisti sono un bene raro. Il passaggio in cig, se non in mobilità o addirittura disoccupazione (nel 2012 c’è stato un aumento del 21,7% della spesa per ammortizzatori sociali) è diventata un’esperienza reale per quattro milioni di persone. E se una volta, quando i giovani erano in difficoltà si poteva contare sull’aiuto dei nonni, ora non è più possibile nemmeno questo: ben 7,2 milioni di pensionati (il 45,2% del totale) ha un assegno inferiore a mille euro; e di questi due milioni e 260.000 si ferma sotto i 500 euro. Solo 650.000 pensionati hanno più di tremila euro.

IL RISCHIO ESCLUSIONE Non è solo l’Inps a lanciare l’allarme povertà. Anche Eurostat segnala le enormi difficoltà economiche in cui si trovano gli italiani: uno su tre è vicino alla soglia di indigenza, quando non vi è già del tutto dentro. Ben il 29,9% (quattro punti e mezzo in più rispetto al 2008) della popolazione, infatti, ha difficoltà a portare il pranzo a tavola. In particolare nel 2012, il 14,5% della popolazione è seriamente privata dei beni materiali, ovvero non può pagare un affitto o le bollette di luce e gas, non ha il riscaldamento, né telefono o tv, non ha i soldi per consumare carne o pesce ogni due giorni. Il 19,4% (le due percentuali in alcuni casi si sovrappongono) ha un reddito disponibile uguale o inferiore al 60% di quello medio nazionale dopo i trasferimenti sociali. Nella zona Euro solo la Grecia sta peggio di noi con il 34,6% della popolazione in condizioni di indigenza.

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