Permessi per partecipazione a udienze e testimonianze

Approfondimento di Paola Aldigeri

In questa fattispecie non si può parlare di un vero e proprio permesso, ma piuttosto di una particolare forma di assenza che può essere giustificata in modo diverso, a seconda delle casistiche.

L’ARAN ha chiarito con diversi pareri e orientamenti, che il dipendente può essere considerato in servizio per partecipare ad un’udienza presso un Tribunale in qualità di testimone, in una causa nell’interesse dell’Ente.

Si legga anche:

A titolo esemplificativo, citiamo il parere Aran RAL1774 che opera una distinzione:

  • nel caso in cui il dipendente venga chiamato a deporre a favore o per conto dell’amministrazione il dipendente è considerato in effettivo servizio senza obbligo di dover recuperare le ore o le giornate fruite; in questa ipotesi, proprio perché l’assenza equivale al servizio reso, al dipendente potrebbe essere riconosciuto anche il trattamento di trasferta, ovviamente, ove ricorrano le precise condizioni legittimanti previste dall’art.57 del CCNL del 16.11.2022;
  • nel caso in cui il dipendente chieda di assentarsi dal servizio per rendere una testimonianza giudiziale ed essa non è svolta nell’interesse dell’amministrazione, l’assenza dovrà essere imputata a ferie, permesso a recupero o permesso per particolari motivi personali.

Quanto sopra è confermato anche dal parere ARAN n. 917 riferito proprio al comparto Funzioni Locali, che afferma che, nel caso in cui il dipendente chieda di assentarsi dal servizio per rendere una testimonianza giudiziale ed essa non è svolta nell’interesse dell’amministrazione, l’assenza sarà imputata a ferie, permesso a recupero o permesso per particolari motivi personali. Il dipendente vanta un diritto di non recarsi al lavoro per andare a testimoniare (essendo la testimonianza un obbligo di legge), previa informativa al proprio datore di lavoro al fine di consentirgli di organizzare al meglio il servizio.

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Precisazione inerente il precedente numero della newsletter

Si precisa che la faq 2.4 dei permessi per lutto del precedente numero della newsletter, tratta da una raccolta sistematica di pareri ARAN, si riferisce al dettato letterale della precedente disciplina dei permessi per lutto (art. 19 del CCNL 6.7.95) in vigore fino all’uscita del CCNL 21.5.2018.

I permessi per lutto, di cui all’art. 40 del vigente CCNL, devono comunque rimanere separati dai permessi di cui all’art. 4 della L. 53/2000, avendo fonti normative differenti per i dipendenti degli enti locali (l’uno il ccnl e l’altro la legge).

Come desumibile dall’art. 61, comma 1, lettera e) del CCNL 16.11.2022, ai dipendenti a tempo determinato fino a 6 mesi, si applica direttamente l’art. 1, comma 3, del decreto 21 luglio 2000, n. 278, regolamento attuativo dell’art. 4 della legge n. 53/2000, mentre per i dipendenti a tempo indeterminato e determinato superiore a mesi la norma di riferimento è l’art. 40 del CCNL 16.11.2022, che, soltanto a decorrere dal CCNL del 2018 (art. 31), riporta la stessa regola prevista nel citato art. 1, comma 3 (ossia possibilità di fruire di tre giorni nei 7 giorni successivi al decesso), senza tuttavia precisare se sia soltanto l’inizio della fruizione che può essere posticipata rispetto alla data di decesso (con fruizione continuativa) o se possano essere fruiti anche con interruzioni nell’arco dei 7 giorni.

Applicando in via analogica l’art. 1, comma 3, del DM citato, possiamo ritenere, seppure non espressamente previsto dall’art. 40 del CCNL vigente, che – anche per il personale a tempo indeterminato e a tempo determinato superiore a 6 mesi – i tre giorni si possano considerare non più continuativi e, quindi, che non si debbano considerare nei giorni di permesso anche i giorni festivi e non lavorativi.

 

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