Licenziamento per superamento del periodo di comporto

Corte di Cassazione Civile Lavoro 17/5/2016 n. 10056

La vicende ha come protagonista un lavoratore licenziato per superamento del periodo massimo di comporto ai sensi dell’art. 29, comma 2, del CCNL 12.7.1991 per il personale marittimo che svolge la sua opera su natanti adibiti a lavori edili.
La Corte di Appello, in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato all’appellante ed ha condannato la società a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro in precedenza occupato ed a corrispondere allo stesso, a titolo di risarcimento del danno, “una annualità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto percepita”.

La S. C. ha stabilito che qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento e, nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, di dette assenze non può tenersi conto ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto; ove, invece, il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, il datore di lavoro può precisare in giudizio i motivi di esso ed i fatti che hanno determinato il superamento del periodo di comporto, non essendo ravvisabile in ciò una integrazione o modificazione della motivazione del recesso.

La Corte specifica, inoltre, che al licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore, si applicano le regole dettate dall’art. 2 della legge n. 604/1966 s.m. sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso, poiché nessuna norma speciale è al riguardo dettata dall’art. 2110 cod. civ.

 

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