Pubblica amministrazione, ripartire da lavoratori e cittadini

“I dipendenti pubblici sono pronti a rimettersi in gioco, ma deve essere chiaro qual è il ruolo della pubblica amministrazione in questo paese”. E la revisione del sistema pubblico “può partire solo dalle persone che oggi ci lavorano e dai cittadini”. Lo ha detto il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori, nel corso dell’incontro di oggi (13 settembre) dal titolo “La riforma delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni”, che si è svolto alla festa nazionale della Fp Cgil. E’ stata l’occasione per confrontarsi sul ruolo della pubblica amministrazione, in vista dei provvedimenti allo studio del governo Letta. Il ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio, in un messaggio si è impegnato a rispettare gli impegni con sindacati e imprese, nella stesura delle prossime misure.

“Noi lavoratori abbiamo proposto per primi una rilettura della pubblica amministrazione”, ha esordito il segretario Dettori. “Non usiamo la parola ‘riforma’ che ci ricorda Brunetta e le sue misure che hanno peggiorato molto la situazione. I sindacati e imprese hanno firmato insieme un documento sulla p.a. – ha ricordato -: poi c’è  l’esempio della Sardegna, che con un referendum regionale ha abolito le Province”. Una questione complessa, soprattutto nel nostro paese. “Oggi c’è solo una confusione generalizzata, chi lavora nel pubblico vive nell’incertezza. Invece – a nostro parere – bisogna riorganizzare dalla pubblica amministrazione partendo proprio dalle funzioni. Per esempio, chi svolge le funzioni delle province?”, si è chiesta. “Questa è la vera domanda, per superare le Province bisogna riflettere bene sulle funzioni che esse svolgono e sulle persone in carne ed ossa che ci lavorano”.   

Al governo spetta un ruolo fondamentale. “Serve un esecutivo che finalmente decida – secondo Dettori -: qual è il ruolo di Comuni, Province, come riorganizzare i livelli istituzionali e soprattutto come ripartire le funzioni. Per riorganizzare il lavoro pubblico bisogna partire proprio dai lavoratori: solo questi possono dire come rivedere un servizio sanitario o una Regione. E insieme vanno considerati i bisogni di cittadini e imprese”. La chiave è la semplificazione: “Oggi si producono leggi su leggi, si cambia tutto troppo velocemente e i lavoratori ci fanno i conti. Questo porta problemi drammatici, addirittura cambia di continuo la procedura di erogazione di un farmaco”.  

Un nodo politico, dunque. “Il governo deve spiegare la sua idea, la politica deve scegliere. Bisogna ragionare su tutti i livelli istituzionali, sia a livello di risparmio che di funzionalità. Non si può sopprimere un livello istituzionale senza costruire un’alternativa, bisogna coinvolgere tutti gli addetti che ci lavorano. E poi servono servizi efficienti, risorse, dotazioni organiche per garantire qualità e quantità delle prestazioni”. Dettori ha sottolineato il problema della formazione: “L’età media nel pubblico è sopra i 50 anni, a questi lavoratori viene chiesto di attuare la digitalizzazione, ma non si spende un centesimo per formarli. In generale, la riqualificazione non esiste: quando ci sono lavoratori in esubero non sappiamo dove ricollocarli. Eppure ci sono uffici che ne hanno bisogno, come la lotta all’evasione, un’attività fondamentale dove manca sempre il personale”.  

A portare la visione delle imprese è stata Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. “La pubblica amministrazione svolge servizi essenziali, che devono restare pubblici – ha esordito -. Dal governo ci aspettiamo che assecondi le aziende e non le ostacoli. Questo purtroppo in Italia non accade: i servizi per ottenere un permesso sono molto meno efficienti rispetto all’estero. Chi vuole creare un’impresa e posti di lavoro non deve avere ostacoli – a suo avviso -, non possiamo metterci sette anni per ingrandire uno stabilimento come accade oggi”. Panucci ha poi criticato duramente la riforma dell’articolo V della Costituzione del 2001: “Uno scempio che ha segnato il declino del pubblico, con sovrapposizioni di competenze e totale mancanza di chiarezza”.

“Non è vero che i paesi con meno amministrazione pubblica stanno meglio”. Lo ha affermato Luciano Vandelli, professore di Diritto amministrativo all’università di Bologna e membro della Commissione dei saggi per le riforme istituzionali. “Il pubblico è invece un fattore essenziale per la crescita, sia per lo sviluppo che per la qualità di vita delle persone. Nei vertici delle graduatorie su qualità di vita – ha fatto notare – sono sempre primi i paesi con amministrazioni efficienti”. I problemi arrivano “quando non c’è una valida cabina di regia, dunque bisogna migliorare il funzionamento delle istituzioni, dal governo in giù. Per esempio, non possiamo ancora avere due Camere che fanno le stesse cose, servono meno parlamentari che facciano cose diverse tra loro”.  

La pubblica amministrazione “è un tema decisivo per la difesa della democrazia italiana”. Così Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti. “La democrazia – ha detto il sindaco dal palco – può entrare in crisi se si separa dal rapporto con i cittadini, se non riesce a produrre nessuna decisione soprattutto in un momento come questo. Negli altri paesi c’è un accenno di ripresa economica, mentre noi continuiamo a restare al palo. Ciò che manca all’Italia è la capacità di decidere”. Il nostro paese “soffre di una stratificazione di norme, tempi e burocrazia praticamente demenziale. Aprire un capannone industriale è un percorso di guerra, non può essere così”. De Luca ha criticato le Province, che “servono a mantenere le clientele politiche” e infine si è augurato una semplificazione generale dei livelli istituzionali: “I controlli e autorizzazioni sono importanti, soprattutto per le grandi opere, ma bisogna smantellare un sistema di oppressione contro l’imprenditore”.

(FONTE: www.rassegna.it)

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