Una leggina per salvare 80 mila precari ed evitare gli scontri sociali

Fonte: Italia Oggi

Una leggina per salvare i precari dello stato.
Ed evitare l’acuirsi delle tensioni sociali.
Al dossier stanno lavorando tra Palazzo Vidoni e Palazzo Chigi.
A fine anno sarebbero 80 mila i lavoratori, tra tempi determinati e collaboratori, i cui contratti andranno in scadenza.
Contratti in molti casi che sforano la durata massima dei 36 mesi prevista dalla riforma Fornero.
Per tutti si tratterebbe di andare a casa.
E ad appesantire la situazione c’è anche il decreto legge n.
78 del 2010 che prevede che la spesa per i contratti a tempo debba essere la metà di quella registrata nel 2009.
Insomma, ci sono tutte le condizioni perché si realizzino quei licenziamenti di massa che il governo Monti finora ha evitato per centrare gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.
Il primo assaggio della situazione lo si è avuto ieri, quando il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha comunicato ai sindacati che ci sono 5.771 contratti in scadenza presso le sole amministrazioni statali.
Sono fuori i comparti della sanità e degli enti locali, che, secondo dati non ancora ufficiali, porterebbero il precariato a 80 mila.
Dei contratti finora censiti da Palazzo Vidoni, 3.259 sono a tempo determinato, 1.593 i cococo e 919 contratti di somministrazione.
Che fine faranno i lavoratori? A chiederlo ovviamente i sindacati, il ministro ha preso tempo.
C’è l’ipotesi di un accordo quadro da sottoscrivere all’Aran per disinnescare la mina del divieto di proroga, e la direttiva sarebbe all’esame del ministero dell’economia.
Ma, anche se il Tesoro dovesse dire sì, i tempi per un contratto nazionale sono troppo stretti.
Ecco che allora sta prendendo piede l’ipotesi di un intervento legislativo, come già fatto da Romano Prodi nel 2008, una norma che proroghi i contratti in essere.
I provvedimenti utili dove inserirla a questo punto sarebbero il ddl Crescita e un eventuale Milleproroghe di fine anno.
L’ultima parola spetta a Palazzo Chigi perché, dicono fonti governative, la questione è tutta politica.
Con la crisi che nel 2013 continuerà a mordere, mettere sulla strada 80 mila lavoratori proprio non si può.

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