Trattamento accessorio, soldi del 2015

Fonte: Italia Oggi

Dal 2016, l’ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale pubblico non potrà superare l’importo del 2015 e dovrà essere progressivamente ridotto in proporzione alle cessazioni dal servizio. Il ddl di stabilità 2016 torna all’antico e, dopo la breve pausa del 2015, rimette la sordina alla contrattazione decentrata. È solo da quest’anno, infatti, che è venuto meno il tetto previsto dall’art. 9, c. 2-bis, del dl 78/2010, che fino al 2014 prevedeva un meccanismo analogo di contenimento, calibrato però sul 2010 come anno di riferimento. La nuova norma, peraltro, presenta una formulazione leggermente diversa da quella contenuta nelle prime bozze. Da un lato, il limite viene esplicitamente previsto solo «nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 11 e 17» della Legge Madia. Dall’altro lato, fermo restando che il tetto al fondo è rappresentato, come detto, dall’importo del 2015, non si prevede più che esso debba essere «determinato ( ) ai sensi dell’art. 9, c. 2-bis secondo periodo» del dl 78/2010. Tale inciso sembrava implicare che eventuali incrementi, pur possibili nel 2015, dovessero essere recuperati dal 2016. Inoltre, a differenza di quanto accadeva in passato, è stato inserito un nuovo riferimento al «personale assumibile» per calcolare l’entità del taglio. Restano comunque possibili le progressioni economiche orizzontali. Ovviamente, come evidenzia la relazione al testo, a essere cambiato è soprattutto il contesto generale, in quanto si è riattivato il meccanismo degli scatti stipendiali. In questo contesto, è chiaro che gli enti hanno ora convenienza ad aumentare il più possibile il fondo 2015, sia per ripararsi dai futuri tagli, sia per incrementare il proprio monte salari in vista di un eventuale ulteriore incremento del contratto collettivo nazionale. Di regola, infatti, la quota di incremento del Ccnl legato alla produttività, e dunque attribuito al fondo, è espresso come una percentuale del monte salari di ciascun ente. Sui contratti, c’è da notare che i 300 milioni valgono lo 0,3% dato dall’inflazione prevista nel 2015. Non si parla più dell’indice Ipca che in base alla riforma Brunetta doveva sostituire il vecchio sistema proprio da questa tornata contrattuale e che è molto superiore: 1,5 nel 2015.

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