Entro marzo il decreto sul blocco degli stipendi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Esaurite le esigenze da campagna elettorale, è atteso a giorni il decreto dell’Economia che confermerà il blocco di contrattazione, stipendi individuali e indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti pubblici nel 2013-2014.
Il congelamento delle buste paga per i 3,3 milioni di dipendenti del pubblico impiego era spuntato nella manovra estiva 2010, che aveva sospeso rinnovi e trattamenti economici per il 2010-2012.
La possibilità di proroga era stata avanzata dall’articolo 16 della prima manovra estiva 2011 (Dl 98/2011), e si era nei fatti trasformata di un dato ovvio con l’evoluzione non troppo rassicurante della nostra finanza pubblica, che non lasciava spazi a una ripresa della spesa per stipendi.
La proroga, però, nella manovra estiva del 2011 era configurata come uno strumento solo potenziale nelle mani dell’amministrazione finanziaria, che avrebbe dovuto tradurla in pratica con un decreto dell’Economia.
Sul decreto si era lavorato per tempo, ma l’avvicinarsi dell’appuntamento con le urne ha consigliato di rimandarne l’emanazione, lasciando campo libero almeno in teoria al rinnovo dei contratti nazionali (si veda Il Sole 24 Ore del 28 gennaio 2013).
Tanta prudenza non sembra essere servita a proteggere le performance dei partiti che hanno sostenuto la «strana maggioranza» di Mario Monti, ma comunque sia, chiuse le urne, il decreto può vedere ufficialmente la luce.
Da un punto di vista tecnico-operativo, è essenziale che la sua approvazione definitiva arrivi entro marzo, prima cioè che scatti l’obbligo giuridico di pagare l’indennità di vacanza ai dipendenti pubblici con i contratti scaduti da anni.
Più lontana da una soluzione sembra invece l’altra scadenza passata sotto silenzio con la fine del 2012, che rappresentava il termine ultimo per adeguare i contratti integrativi in Regioni ed enti locali alle previsioni della riforma Brunetta attuata con il Dlgs 150/2009.
In base alla legge, le intese decentrate che non sono state riformate per allinearle al nuovo quadro delle competenze (che per esempio sottrarrebbe al confronto sindacale le materie relative all’organizzazione degli uffici, considerate di competenza esclusivamente dirigenziale) diventerebbero illegittime, e lo stesso accadrebbe di conseguenza alle indennità che non trovano base normativa nei contratti nazionali, per esempio l’indennità di rischio e quelle legate a specifiche responsabilità.
Intese successive fra i sindacati e la Funzione pubblica guidata da Filippo Patroni Griffi durante i 13 mesi del Governo Monti hanno però ipotizzato di ridisegnare nuovamente i rapporti fra sindacati e amministrazioni, per cui le parti sociali attendono le nuove intese (è appena partita la trattativa sui contratti quadro) per “superare” nei fatti le previsioni della riforma Brunetta: rimane per il momento il “buco” normativo, che potrebbe esporre l’erogazione delle indennità locali a contestazioni da parte della Corte dei conti.
Le trattative all’Aran, l’agenzia negoziale nel pubblico impiego, sono appena state avviate anche per quel che riguarda la disciplina dei contratti a termine.
Le regole generali dovrebbero continuare a escludere la scuola, su cui incombe ancora però il pericolo giurisprudenziale legato a sentenze come quella di Trapani che hanno riconosciuto a un docente precario il diritto a essere rimborsato anche dei mancati stipendi estivi e scatti di anzianità del futuro (si veda Il Sole 24 Ore del 23 febbraio).

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