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Caso concreto di utilizzazione dei voucher ( buoni lavoro )
Riportiamo la risposta del Sistema delle autonomie locali della Regione Friuli Venezia Giulia ad un quesito formulato da un Comune sull'utilizzo dei voucher (buoni lavoro).

Riportiamo la risposta del Sistema delle autonomie locali della Regione Friuli Venezia Giulia ad un quesito formulato da un Comune sull’utilizzo dei voucher (buoni lavoro).

L’assessore comunale ha chiesto un parere in ordine alla possibilità di utilizzare i voucher (buoni lavoro), nella seguente fattispecie. L’istante precisa che nel Comune è ancora attivo il progetto del Consiglio comunale dei Ragazzi. Fino al 31 dicembre 2016 la relativa prestazione era svolta da una cooperativa ed il contratto d’appalto è attualmente scaduto. Il tutor che seguiva detto progetto non fa più parte della cooperativa e ha comunque manifestato la propria disponibilità nel continuare a occuparsi del progetto medesimo, proponendo il pagamento della predetta attività mediante voucher.

Si osserva in proposito che, in materia di ricorso al lavoro accessorio, le modifiche apportate dal legislatore statale a partire dalla l. 92/2012 hanno eliminato quella serie di causali soggettive e oggettive[1] che consentivano in precedenza il ricorso a tale tipologia di lavoro, sostituendole con disposizioni che prevedono essenzialmente limiti di carattere economico (compenso massimo annuale).

Come evidenziato dall’INPS, con circolare n. 49/2013, ‘Ai sensi della nuova disciplina, va ricompreso all’interno della nozione ‘committente pubblico’ anche l’ente locale, pertanto devono intendersi superate le precedenti indicazioni che distinguevano l’impiego dei buoni lavoro per la tipologia di committenti pubblici e degli enti locali, rispetto a un novero specifico e tassativo di attività e di prestatori’.

Si ritiene che tale precisazione conservi la propria validità anche dopo l’approvazione del d.lgs. 81/2015 che, agli articoli da 48 a 50, nel ridefinire il campo di applicazione e la disciplina del lavoro accessorio, non ha tuttavia introdotto ulteriori modifiche rispetto al profilo di cui si discute[2].

L’INPS, nella citata circolare, ha inoltre chiarito che il lavoro accessorio, a favore dell’ente locale, può essere svolto per le più diverse attività e nei limiti massimi di compenso stabiliti dal legislatore, da tutte le seguenti categorie di soggetti/prestatori: disoccupati, inoccupati, lavoratori autonomi o subordinati, full-time o part-time, pensionati, studenti, percettori di prestazioni a sostegno del reddito.

Si ricorda infine che, ai sensi dell’art. 48, comma 4, del d.lgs. 81/2015, il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno[3].

 

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[1] Contenute originariamente negli artt. 70 e seguenti del d.lgs. 276/2003.

[2] Cfr. anche Cons. di Stato, sez. V, sentenza n. 1034 del 2016.

[3] Riconferma la disposizione di cui all’abrogato art. 70, comma 3, del d.lgs. 276/2003.


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