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Esuberi p.a. da licenziare per mandarli in pensione
PUBBLICO IMPIEGO/La disposizione è contenuta nel decreto legge 101/2013

Fonte: Italia Oggi

A casa i soprannumerari delle pubbliche amministrazioni (pa). Se in possesso dei requisiti per avere la pensione entro il 31 dicembre 2014 (con la vecchia finestra inclusa), infatti, vanno licenziati. Non si tratta di una facoltà per la pa ma di un obbligo vero e proprio da osservare nei limiti degli esuberi. Lo precisa il dl n. 101/2013, con una norma d ‘interpretazione autentica del dl n. 95/2012 (spending review) con cui sembra mettere le mani avanti a probabile contenzioso. Contenzioso al quale invece già pone rimedio relativamente a un’altra norma ma che prevede sempre l’anticipo della pensione ai pubblici dipendenti: l’art. 24 del dl n. 201/2011, la riforma delle pensioni Fornero, bloccato dal Tar Lazio.

In tal caso, dunque, con il dl n. 101/2013 la pensione torna a farsi più vicina e più magra per via dell’abrogazione dell’incentivo della permanenza al lavoro fino a 70 anni. Spending review. La prima novità riguarda la spending review. Il citato dl n. 95/2012, nel prevedere la riduzione degli organici alle p.a (almeno il 20% per i dirigenti e 10% negli altri casi), ha stabilito che, relativamente al personale risultante in esubero, possano applicarsi i vecchi requisiti di età e contribuzione per la pensione, ossia quelli in vigore prima della riforma Fornero.

La deroga si applica al personale che risulta in esubero e a cui la «decorrenza» della pensione, in applicazione dei vecchi requisiti di pensionamento (prima della riforma Fornero, cioè vigenti al 31 dicembre 2011) si venga a fissare non oltre il 31 dicembre 2014. Poiché il riferimento è alla decorrenza della pensione e si applicano i vecchi requisiti, si deve tener conto anche della vecchia finestra: in linea teorica, perciò, poiché la finestra è pari a 12 mesi (trattandosi di dipendenti), i lavoratori in esubero che possono accedere all’esodo sono quelli che maturano i requisiti per la pensione entro fine anno, così da avere la decorrenza» della pensione entro il termine prefissato (31 dicembre 2014).

Il dl n. 101/2013, al comma 6 dell’art. 2, precisa che la disposizione del citato dl n. 95/2012 (si tratta dell’art. 2, comma 11, lett. a) «s’interpreta nel senso che l’amministrazione, nei limiti del soprannumero, procede alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti in possesso dei requisiti indicati nella disposizione». In altre parole s’interpreta come «obbligo» per la p.a. di procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero e in possesso dei requisiti per la pensione.Stop (di nuovo) agli incentivi della permanenza in servizio. La seconda novità, dello stesso tenore della prima, riguarda la riforma Fornero delle pensioni.

Riforma che, con riferimento al settore pubblico, ha previsto una deroga stabilendo che si continua ad applicare la vecchia disciplina e i vecchi requisiti di pensione a quei dipendenti che li maturano entro il 31 dicembre 2011. Da tale deroga la circolare n. 2/2012 della Funzione pubblica (condivisa dal ministero del lavoro e da quello dell’economia) aveva tratto un vincolo per le p.a.: l’obbligo di collocare a riposo, a partire dall’anno 2012, al compimento di 65 anni (limite ordinamentale), i dipendenti che nell’anno 2011 possedevano la massima anzianità contributiva (40 anni) o la quota 96 o comunque i requisiti per una pensione.

In tal modo pertanto era implicitamente abrogata la possibilità della permanenza in servizio fino a 70 anni (si veda ItaliaOggi del 9 e 10 marzo 2012). Successivamente però la circolare della Funzione pubblica è stata annullata dal Tar del Lazio che con la sentenza n. 2446/2013 ha ribaltato l’indirizzo interpretativo dato alla riforma Fornero per il settore pubblico e riabilitato la possibilità, ai dipendenti pubblici, di rimanere in servizio fino a 70 anni per migliorare la pensione (si veda ItaliaOggi del 25 giugno 2013).

Ma il dl n. 101/2013 riabilita le indicazioni della Funzione pubblica, stabilendo che la riforma Fornero s’interpreta nel senso che «per i lavoratori dipendenti delle p.a. il limite ordinamentale (…) costituisce limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione».


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