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Trentino Alto Adige: Nuova legge regionale in materia di personale

È stata pubblicata, in gazzetta ufficiale (serie regioni) la LEGGE REGIONALE 17 maggio 2011, n. 4 contenente “Modifiche dell’ordinamento e delle norme in materia di personale della Regione e delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Trento e Bolzano” (vedi testo in Gazzetta al seguente link). Con questa legge, la regione ha adeguato la propria normativa ai principi della c.d. “riforma Brunetta” sull’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Tale legge è stata successivamente impugnata con deliberazione del Consiglio dei ministri dello scorso 22 luglio (vedi testo della deliberazione al seguente link) ed è stato notificato alla Regione.
Una disposizione impugnata è quella contenuta nell’art. 4, comma 1, lettera a) della legge regionale impugnata il quale, nel richiamare il limite del 50 per cento dei posti a messi a concorso da riservare all’ingresso dall’esterno, consente di derogarvi per quanto concerne le professionalità che si sviluppano su più livelli giuridici-economici per progressione verticale. Tale norma conferirebbe all’autorità amministrativa il potere di coprire i posti vacanti attraverso un diffuso e non predeterminato ricorso a personale interno, si presta ad essere utilizzata per aggirare il principio del carattere aperto e pubblico dei sistemi di selezione del personale, esplicitazione del principio del pubblico concorso. La disposizione impugnata viola, pertanto i principi di uguaglianza e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli arti. 3 e 97 Cost. (cfr. seni. 108 del 2011).
Essa, inoltre, eccede la competenza legislativa regionale, nella misura in cui altera la proporzione stabilita nelle citate nonne statali, che costituisce declinazione di principi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, applicabili, per giurisprudenza costante della Corte, anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome.
Analoghe censure vengono sollevate anche con riferimento all’art. 5, comma 5-ter, della legge regionale n. 3 del 2000, introdotto dall’art. 4, comma 1, lett. b) della legge regionale censurata, che prevede che il rispetto della quota del 50 per cento dei posti mediante concorsi esterni venga assicurato «anche con compensazione tra i diversi profili professionali».
Infine, sarebbe incostituzionale anche la disposizione contenuta all’art. 7-quater della legge regionale n. 3 del 2000, introdotto dall’art. 7 della legge regionale impugnata, che stabilisce che la Regione e le Camere di commercio, industria, artigianato di Trento e Bolzano, possono stipulare contratti di lavoro a tempo determinato nei casi e secondo le procedure stabilite nel regolamento previsto della medesima legge regionale 21 luglio 2000, n. 3 e nel rispetto delle disposizioni previste dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
Questa ultima disposizione sarebbe illegittima in quanto violerebbe la disposizione statale contenuta nell’art. 9, comma 28, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che — nell’esercizio della competenza legislativa statale alla fissazione dei principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica, secondo quanto espressamente indicato nel medesimo comma 28 — ha stabilito che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
Mentre per quanto attiene le prime due censure si possono rilevare dei ragionamenti condivisibili in linea di principio (anche se forse, eccessivamente meccanici nella loro applicazione concreta), l’ultimo rilievo appare evidentemente basato su un erroneo presupposto: cioè che le regioni e le province autonome debbano osservare pedissequamente dei vincoli puntuali posti dalla legislazione statale per il contenimento della spesa pubblica anziché obiettivi di risanamento che lascino alle stesse regioni e province autonome la scelta dello strumento più idoneo per conseguirli.

(FONTE: www.ilpersonale.it)


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