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Procedimento disciplinare: controlli tecnologici (prove)
La Cassazione si pronuncia sui controlli tecnologici effettuati dal datore di lavoro nei confronti dei lavoratori e sull'utilizzabilità a fini disciplinari dei dati ottenuti. Si sofferma sui controlli difensivi e sul relativo regime

La Corte di Cassazione si pronuncia sui controlli tecnologici effettuati dal datore di lavoro nei confronti dei lavoratori e sull’utilizzabilità a fini disciplinari dei dati ottenuti. Si sofferma sui controlli difensivi e sul relativo regime. Sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 22 settembre 2021, n. 25732.

Massima

Non sono vietati i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro al fine della tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto. Non ricorrendo le condizioni suddette la verifica della utilizzabilità a fini disciplinari dei dati raccolti dal datore di lavoro andrà condotta alla stregua dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, legge n. 300/1970.

Fatto

In seguito all’accertamento della diffusione di un virus nella rete aziendale l’amministrazione del sistema informatico del datore di lavoro aveva eseguito un accesso sul computer della lavoratrice, appurando che nella cartella di download del disco fisso della C era presente un file scaricato che aveva propagato il virus che, partito dal computer aziendale in uso alla lavoratrice, aveva iniziato a propagarsi nella rete, criptando i files all’interno di vari dischi di rete, rendendo gli stessi illeggibili e quindi inutilizzabili. In occasione dell’intervento venivano in rilievo numerosi accessi da parte del lavoratore a siti che all’evidenza erano stati visitati per ragioni private, per un tempo lungo, tale da integrare una sostanziale interruzione della prestazione lavorativa.
Adita dalla lavoratrice con ricorso presentato dell’art. 145 del d.lgs. n. 196 del 2003, l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, con delibera 12.10.2016, ordinava alla Fondazione di astenersi dall’effettuare qualsiasi ulteriore trattamento dei dati acquisiti dalla cronologia del browser Google Chrome del computer aziendale in uso alla ricorrente “… eccettuata la mera conservazione degli stessi ai fini della loro eventuale acquisizione da parte giudiziaria…”.

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Fonte immagine: iStockPhoto.


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