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Gli incarichi di assistenza legale sono competenza solo dei dirigenti
Consiglio di Stato. Stop al sindaco nelle amministrazioni che hanno l'avvocatura

Fonte: Il Sole 24Ore

Gli incarichi di assistenza legale negli enti locali che hanno l’avvocatura devono essere conferiti esclusivamente dal dirigente della stessa e non dal sindaco. È l’importante e, per molti aspetti innovativa, indicazione contenuta nella sentenza 730/2012 del Consiglio di Stato (sezione V). Sulla base di questo principio viene messa in discussione la legittimità di molti degli incarichi di nomina dei legali delle Pa. Nella pronuncia è inoltre chiarito che i regolamenti di organizzazione di Comuni e Province non possono limitare l’autonomia dell’avvocatura.
Si chiarisce espressamente che «il rappresentante legale dell’ente manifesta la volontà di costituirsi in un eventuale giudizio, ma non può anche provvedere (né lui né la Giunta) alla nomina del difensore, né interno, cosa che compete sicuramente al capo dell’ufficio legale, né esterno, vicenda che si articola, innanzitutto, in una dichiarazione che sussistono elementi per poter affidare la difesa tecnica all’esterno ad opera dell’ufficio legale e successiva nomina del difensore del libero foro, che compete necessariamente al capo dell’ufficio legale, trattandosi di un vero e proprio contratto di prestazione intellettuale, ricadente come tale nelle attività gestionali di competenza dei dirigenti dell’amministrazione». Come si vede, la sentenza innova la giurisprudenza precedente, secondo cui il rappresentante legale dell’ente, cioè il sindaco o il presidente della provincia, può scegliere il legale o quanto meno concorrere alla sua scelta. Il che obbliga la stragrande maggioranza delle amministrazioni a modificare regolamenti e abitudini.
La sentenza stabilisce i termini della «sottoposizione dell’ufficio legale alle direttive e agli ordini del direttore generale, il quale, se certamente può intervenire a coordinare gli uffici (tutti gli uffici, anche quello legale), non può indubbiamente interferire sull’organizzazione interna e sulle modalità di organizzazione del lavoro, innanzitutto perché si tratta di un’attività tecnica (in senso giuridico) e, poi, perché gli uffici legali degli enti pubblici devono godere di quella particolare autonomia di pensiero e di organizzazione che sola può consentire l’esplicazione corretta e proficua della loro attività». Viene così riaffermata con nettezza l’autonomia di cui devono godere gli uffici legali delle Pa locali. Ciò significa che gli enti hanno un’ampia discrezionalità che non può essere messa in discussione, ma va esercitata «nel rispetto delle statuizioni esistenti e, in particolare, delle guarentigie attribuite a determinate categorie di soggetti operanti nell’ambito della pubblica amministrazione». Tra esse occorre fare riferimento, alla necessità che l’avvocatura delle Pa non sia «sottoposta né a condizionamenti, né a valutazioni che possano in qualche modo svilirne il modo di essere».


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