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I primi orientamenti applicativi per il CCNL dei dirigenti PTA
Una rassegna degli orientamenti applicativi elaborati dall'ARAN sul CCNL Dirigenti dell’Area delle Funzioni locali

A quasi tre mesi dalla stipula del CCNL dell’Area delle Funzioni locali, sul sito dell’ARAN sono apparsi i primi orientamenti applicativi sul contratto collettivo dei dirigenti delle Autonomie locali, dei dirigenti professionali, tecnici e amministrativi del S.s.n. e dei segretari comunali e provinciali. In questa sede si analizzeranno brevemente quelli comuni a tutti e quelli riguardanti la sezione di dirigenti PTA. Dalla lettura di questi primi quesiti si può constatare come il CCNL di cui si parla sia complesso e, a volte, di non facile interpretazione; ma si può anche ricavare il livello di confusione nel quale versano molte realtà aziendali che nell’ inoltrare i quesiti dimostrano come la legislazione vigente abbia generato notevoli vuoti conoscitivi.

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È stato chiesto in relazione alla Dichiarazione congiunta n. 2 se l’elenco ha carattere tassativo ed esaustivo o potrebbero essere configurate per analogia altre possibili ipotesi di monetizzazione ed in tal caso le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica in atto potrebbero integrare una di queste ipotesi ulteriori.
L’ARAN, dopo una ricostruzione generale della problematica della monetizzazione delle ferie, ha risposto che la “enumerazione costituisce una semplice ricognizione delle causali”. Poiché il divieto discende dalla legge aggiunge che “la tematica esula quindi dall’attività di assistenza dell’ARAN, limitata dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. n.165/2001, esclusivamente alla formulazione di orientamenti per l’uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e pertanto l’Agenzia rinvia alle indicazioni formulate in materia dal Dipartimento della Funzione Pubblica”. Colgo l’occasione di ricordare come le dichiarazioni congiunte non hanno valore normativo e che, nel caso di specie, tutti e tre i contratti della Sanità parlano di “disposizioni attuative” in modo improprio perché i quattro documenti citati non sono circolari applicative bensì meri pareri (e quello del 6.8.2012 è abbondantemente superato, oltre che di contenuto ovvio) mentre il secondo del MEF è una nota interna di condivisione dell’ultimo parere della Funzione pubblica; forse sarebbe stato più opportuno ricordare la pronuncia della Corte Costituzionale n. 95 del 6.5.2016 che ha precisato il perimetro entro il quale non è incostituzionale la norma della legge sulla spending review del 2012 che ha vietato la monetizzazione delle ferie, generando una spirale vorticosa tra il principio della irrinunciabilità delle ferie e il ricordato divieto di pagamento.

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Molto delicata è la questione delle relazioni sindacali settoriali cioè se un Ente locale che debba dare l’informazione ed avviare le procedure di confronto e di contrattazione integrativa deve informare e convocare tutti i soggetti sindacali indicati dall’art. 7, comma 2, o può selezionare solo i soggetti sindacali riferibili alla Sezione “Dirigenti” di cui all’art. 43 e ss. dello stesso CCNL.
Con grande chiarezza e determinazione viene affermato come “tutti i soggetti sindacali di cui all’art. 7, comma 2, del citato CCNL risultino titolari dei diritti all’informazione, al confronto ed alla contrattazione integrativa come disciplinati dal Titolo II e da ciascuna sezione dello stesso CCNL, senza che a tali fini sia possibile selezionarli in relazione alla riferibilità della dirigenza” ad una o ad un’altra delle tre sezioni. La risposta è ineccepibile e, francamente, il quesito appare pretestuoso.

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Il quesito concerneva la possibilità per il Dirigente di fruire dei riposi giornalieri previsti dall’art. 39 del d.lgs. 151/2001 (c.d. permessi orari per allattamento) e, inoltre, se il dirigente disabile in situazione di disabilità grave, può fruire dei permessi orari previsti dalla legge 104/1992.
Anche in questo caso il quesito rivolto all’Agenzia si poteva evitare e forse è stato generato dalla avvenuta deregulation dell’orario di lavoro per i dirigenti PTA che ha spiazzato molti uffici e gli stessi destinatari della clausola. Correttamente è stato risposto che “se la tutela si traduce nel diritto ad una assenza giornaliera, la stessa verrà computata come giornata di permesso, se la tutela si traduce in una esigenza di assenza di qualche ora, il Dirigente organizzerà conseguentemente il suo tempo lavoro nell’ambito del suo potere di autoregolazione”.

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In questo caso la perplessità riguardava il destino delle quattro giornate di riposo di cui alla legge 937/1977 qualora il dirigente non ne fruisca nell’anno solare. La questione non era di agevole soluzione considerato che in passato i quattro giorni di festività soppresse erano pagati. Però dal nuovo testo è chiaro che i giorni “debbano essere fruiti esclusivamente nell’anno di riferimento senza che risulti in alcun modo possibile la loro trasposizione nell’anno successivo o la loro monetizzazione”.

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Del tutto particolare è la domanda se un dirigente può cedere in tutto od in parte le proprie ferie al personale del comparto, o tale cessione deve avvenire esclusivamente tra dirigenti.
In questo caso non mi sento di concordare con la risposta fornita laddove di afferma che “palese risulta infatti che l’altra unità di personale cui la norma fa riferimento non possa che essere costituita da un dirigente o da un segretario”. La mia convinzione è fondata sulla circostanza che confrontando i due contratti collettivi delle aree dirigenziali un particolare balza agli occhi: nelle Funzioni locali il beneficiario delle ferie cedute può essere una ”altra unità di personale” – con ciò intendendo, a mio parere, anche un dipendente del comparto – mentre i dirigenti sanitari possono cedere ferie soltanto “ad altro dirigente della stessa azienda”. Questa è l’interpretazione letterale supportata anche da quella sistematica e non va sottovalutato che seguendo questa lettura non c’è alcun onere, semmai un virtuale risparmio.

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Un ulteriore dubbio è stato sollevato sulla natura della responsabilità del dirigente per l’organizzazione delle proprie ferie secondo il disposto dell’art. 16, comma 11, primo periodo e, in particolare, come si coordinano tali disposizioni con quelle di cui all’art. 16, comma 15.
In realtà l’ARAN ricostruisce in via sistematica i due commi ma non fornisce la risposta richiesta in merito alla “natura della responsabilità del dirigente”. Ma, in ogni caso, se per l’applicazione del comma l’Azienda emana una direttiva – come appare ovvio -, l’inosservanza della stessa costituisce una evidente responsabilità disciplinare alla luce dell’art. 36, comma 4, lettera a) del CCNL. Inoltre, qualora la corretta gestione delle proprie ferie fosse inserita tra gli obiettivi di budget assegnati al dirigente, allora si evidenzierebbe anche una responsabilità dirigenziale nel caso di incompleto o parziale non raggiungimento dell’obiettivo. E’ di tutta evidenza che nell’uno e nell’altro caso costituisce una esimente il rinvio previsto nel comma 15, con una particolare attenzione alla plausibilità e oggettività delle “indifferibili esigenze di servizio o personali” che, per queste ultime, è opportuno che sussista una condivisione di massima da parte dell’azienda.

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Infine, è stato chiesto come deve essere applicato il dettato dell’art. 89, comma 5 del CCNL.
In relazione alla transizione al nuovo sistema degli incarichi l’Agenzia precisa: “….. dal che, coerentemente, ne consegue che i nuovi valori della retribuzione di posizione riassorbono: sia tutta la minima unificata, sia gli incrementi contrattuali fissati dal CCNL di cui trattasi ed anche tutta la differenza sui minimi”. Nel prendere atto della risposta, non si può tuttavia non rilevare come il comma 5 dell’art. 89 sia forse la norma più complicata dell’intero CCNL e la conferma la si può trovare nella circostanza che una vittoria indiscutibile delle controparti in questo contratto è stata quella di portare la posizione minima ad un valore apprezzabile, tra l’altro più del triplo di quello riconosciuto nel 2019 ai dirigenti sanitari e non è un caso che in quel contratto gli strumenti da utilizzare per reperire le risorse sono solo tre (art. 91, comma 5) a fronte dei cinque indicati nella omologa norma dei dirigenti PTA, oggetto del quesito.


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