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In house, stretta sugli ingressi

Fonte: Il Sole 24Ore

Le società partecipate dagli enti locali devono contenere la spesa per il personale e non possono procedere a nuove assunzioni se non hanno definito regole specifiche, né se la spesa complessiva sommata a quella dell’ente locale socio supera il 50% della spesa corrente.
Le disposizioni legislative sulla disciplina dei macroprocessi di gestione delle risorse umane nelle società con capitale a partecipazione pubblica sono state rafforzate dalle previsioni del nuovo articolo 3-bis della legge 148/2011, introdotte dalla legge 27/2012.
Il sistema, tuttavia, è articolato e complesso, con norme che sono già ora applicabili e con altre che devono essere attuate tramite decreti.
I criteri
Fra le disposizioni immediatamente operative, le più importanti sono quelle contenute nell’articolo 4, comma 17 della legge 148/2011, che rafforzano quanto già statuito dall’articolo 18, comma 1 della legge 133/2008, obbligando le società affidatarie di servizi pubblici locali in house (quindi a partecipazione interamente pubblica) ad adottare criteri e modalità per reclutare il personale nel rispetto dei principi (trasparenza, imparzialità, e così via) individuati dal comma 3 dell’articolo 35 del Dlgs 165/2001 (Testo unico del pubblico impiego).
Il dato normativo richiede peraltro una specifica regolamentazione da parte delle società, anche per affidare gli incarichi professionali, assumendo come riferimento gli indirizzi prodotti dagli enti locali soci o i regolamenti sulle collaborazioni autonome da questi prodotti in base all’articolo 3, commi 54-55 della legge 244/2007 (come evidenziato da varie sezioni regionali della Corte dei conti).
L’articolo 4, comma 17 della legge 148/2001 evidenzia peraltro le conseguenze della mancata definizione della disciplina, sancendo espressamente nell’ultimo periodo che fino all’adozione dei provvedimenti regolativi, le società in house non possono procedere al reclutamento di personale o al conferimento di incarichi.
L’articolo 18, peraltro, estende l’obbligo di regolamentazione dei criteri di assunzione anche alle società miste sotto controllo pubblico, ammettendo tuttavia in questi casi la definizione di una disciplina più flessibile.
La rilevanza di questo passaggio è stata già sancita dalla giurisprudenza (Tar Basilicata, sentenza 218 del 20 aprile 2011) e da numerose pronunzie interpretative (ad esempio Corte dei conti, sezione regionale controllo Lombardia, parere 350 del 13 giugno 2011), che esplicitano anche la necessità della vigilanza da parte degli enti locali soci.
Gli altri paletti
Il reclutamento di risorse umane da parte delle società affidatarie in house dagli enti locali è assoggettato anche al regime vincolistico stabilito dal patto di stabilità per gli enti locali soci, come chiaramente evidenziato dal comma 6 dell’articolo 3-bis della legge 148/2011 (introdotto dalla legge 27/2012).
La disposizione, infatti, oltre a ribadire la necessità di regole per il reclutamento, prevede esplicitamente che queste società rispettino le disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali (soci di riferimento) divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, nonché il contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie, con riferimento sia alle consulenze sia agli amministratori.
In questo senso rileva il recente intervento della Corte dei conti, sezione regionale di controllo Emilia Romagna, con il parere 11 dell’8 marzo 2012: è precisata la necessità di un’applicazione rigorosa delle norme sui compensi degli amministratori delle società partecipate previste dalla legge 296/2006.

Alberto Barbiero


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