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Congedi Coronavirus: disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati
Limiti temporali all’utilizzo dei congedi: il parere del Dipartimento della Funzione pubblica relativo alla disciplina in materia

L’effettiva parificazione tra lavoratori pubblici e privati, in materia di congedi straordinari destinati ai genitori di figli minori introdotti dalla normativa di contrasto al Covid – 19, potrebbe ottenersi solo attraverso uno specifico intervento normativo, in sede di conversione del decreto legge n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio). Ciò è quanto ha chiarito il Dipartimento della Funzione pubblica, in un parere relativo all’applicazione dei congedi parentali speciali disciplinati dal decreto legge n. 18/2020.

La disciplina per il settore privato

Il problema nasce dalla differente disciplina riservata ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ai quali parrebbe imposto un termine di fruizione dei 30 giorni complessivi di congedo, retribuito al 50%, dunque abbreviato rispetto ai lavoratori privati. Infatti l’articolo 72 del decreto legge n. 34/2020 , ha modificato l’articolo 23, rivolto ai privati, del citato decreto n. 18/2020, disponendo che i congedi parentali possano essere goduti fino al 31 luglio 2020. Quest’ultima previsione difficilmente può ricomprendere i lavoratori nel settore pubblico.

Le incertezze per i dipendenti pubblici

A riguardo l’articolo 25 del decreto n. 18/2020, stabilisce ancora che “in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, e per tutto il periodo della sospensione ivi prevista, i genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico hanno diritto a fruire dello specifico congedo e relativa indennità di cui all’articolo 23.”. Il dubbio concerne la possibilità di riferire ai lavoratori pubblici un termine diverso – più restrittivo, considerata l’intervenuta fine dell’anno scolastico per le scuole primarie e secondarie – per la loro fruizione. Il Dipartimento conclude che la disciplina vigente comporta un’innegabile disparità di trattamento, ma il tenore letterale delle disposizioni richiamate non sembra consentire una lettura estensiva da ricavarsi in via interpretativa.

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