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Smart working un'innovazione che fa paura e ha tanti nemici
Le opinioni su un tema che si configura decisivo per i prossimi mesi: un cambio di paradigma e una rivoluzione dei comportamenti

di JAIME D’ALESSANDRO (da La Repubblica) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Lo stanno già sostenendo in tanti: «È stata solo una misura d’emergenza, ora si torna al lavoro». Lunedì prossimo, 14 settembre, le disposizioni che erano state previste per aiutare i genitori a far convivere la vita lavorativa con la chiusura delle scuole durante l’emergenza sanitaria finiscono (su questo tema ci sono tuttavia novità, leggi qui). Dunque stop al diritto allo smart working. Sarà contento il sindaco di Milano Giuseppe Sala che il 19 giugno aveva attaccato il lavoro remoto per difendere gli interessi di tassisti e ristoratori. Vale la pena ricordare, ancora una volta, che c’è una differenza fra telelavoro e smart working: nel primo caso si fanno le stesse cose da casa invece che in ufficio; il secondo è un’organizzazione diversa delle mansioni, con più responsabilizzazione e produttività valutata in base agli obbiettivi. In un mondo nel quale si svolgono i propri compiti dove ha più senso farlo, frequentando l’ufficio quando serve, cambia la struttura dei centri urbani.

Pensate a cosa significherebbe in termini di riduzione dell’inquinamento, congestione delle strade e tempo sprecato nel traffico, se anche solo il 30% degli impiegati statali potesse lavorare in maniera agile. Pensate se quel milione di italiani che potrebbe davvero praticare il lavoro da remoto potesse scegliere dove abitare, spostandosi in aree coperte dalla banda larga dove costa meno vivere perché rimaste ai margini di una ricchezza sempre più concentrata nelle città del centro nord dove il pendolarismo è la norma e i prezzi dell’immobiliare alle stelle. C’è una legge del 2017 che garantisce parità di diritti nello smart working, c’è un piano della Pubblica Amministrazione per integrare il lavoro agile in via permanente. Ma ci sono anche i rischi: manager incapaci che non sanno gestire questa rivoluzione, dipendenti che non riescono a separare vita lavorativa da quella privata, furbetti che non vedono l’ora di incrociare le braccia. Lo smart working è quindi una rivoluzione complessa da mettere in pratica, potrebbe però cambiare il volto delle nostre città e aiutare le zone meno fortunate a rimettersi in carreggiata. Per questo ha tanti avversari che da lunedì prossimo le proveranno tutte per sabotarla.


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