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Altolà al ritorno dei concorsi locali
Dietrofront sugli atenei. Il Dl in arrivo al Cdm non eliminerà l'abilitazione nazionale

La controriforma dei concorsi universitari non ci sarà. Dopo l’allarme lanciato sabato scorso da questo giornale il ministero dell’Istruzione è intenzionato a desistere dall’intenzione di mandare in soffitta l’abilitazione nazionale e sancire, di fatto, il ritorno alle “vecchie” selezioni locali. Il decreto sul merito, atteso domani in Consiglio dei ministri, dovrebbe limitarsi a semplificare il reclutamento e, magari, introdurre un tetto agli abilitati. Oppure lasciare immutate le regole della legge Gelmini e completarne l’attuazione.
In un caso o nell’altro l’abilitazione unica sopravviverà. La nuova versione dell’articolo 17 della bozza di Dl – a cui i tecnici di viale Trastevere hanno lavorato anche ieri – non conterrebbe più il congelamento fino a fine 2014 della selezione nazionale introdotta dal governo precedente per arginare la pilotabilità dei concorsi banditi dai singoli atenei. Laddove resterebbe in piedi la modifica delle modalità di composizione delle commissioni – che sarebbero formate da 5 membri di cui due interni, due esterni e un esperto proveniente da uno dei Paesi Ocse – e di nomina dei prescelti contenuta nella disposizione (si veda il Sole 24 Ore del 2 giugno).
Lo stesso provvedimento potrebbe inoltre fissare una soglia ai posti annuali di abilitati per ogni settore concorsuale. Creando una sorta di “numero chiuso” dei professori ordinari e associati da ammettere alle chiamate locali. Ma sul tavolo c’è anche l’ipotesi di eliminare l’intero articolo 17 e lasciare il sistema del reclutamento così com’è. L’ultima parola spetterà al ministro Francesco Profumo che, sempre sul tema dei concorsi, ieri ha ribadito: «Entro il 29 giugno avremo la prima fase, cioè le commissioni per i commissari e poi entro l’estate bandiremo, come abbiamo detto, l’abilitazione nazionale».
Per il resto il decreto dovrebbe confermare le anticipazioni dei giorni scorsi. Si va dagli incentivi per attrarre docenti che vengono dall’estero ai paletti sullo spazio dedicato alla “didattica frontale” (100 ore per i docenti a “tempo pieno” e 80 per quelli a “tempo definito”) fino alla possibilità di iscriversi a due corsi universitari in contemporanea e al bonus fiscale del 30% per le aziende che assumono stabilmente i migliori laureati. Senza tralasciare il capitolo-scuola con lo sconto del 30% per lo “studente dell’anno” scelto da ogni istituto e la possibilità di partecipare a delle master class estive di approfondimento.
Temi su cui Profumo è tornato ieri. Anche per respingere le critiche giunte da alcuni esponenti del Pd e dai sindacati di categoria, in una lettera alle organizzazioni sindacali, il titolare del Miur ha sottolineato che «diritto allo studio e merito sono due facce della stessa medaglia». Definendo «complementari» gli interventi in arrivo: «Impegniamo qualche decina di milioni» – non più di 30, assicura viale Trastevere – «per le misure a favore dell’impegno nell’eccellenza e più di un miliardo per la scuola di tutti», ha ricordato l’ex rettore del politecnico di Torino.
Per i democratici sono intervenuti i responsabili Scuola (Francesca Puglisi) e Università (Marco Meloni). La prima ha preannunciato un ulteriore approfondimento ed esame in Parlamento sul testo «perché sia riaffermato il principio di merito in una scuola inclusiva che dia uguali opportunità a tutti»; il secondo ha giudicato le misure finora anticipate di «impatto limitato, ovvero incapaci, al di là di qualche aspetto simbolico piuttosto criticabile, di costruire nel suo complesso un sistema fondato sul merito».
Per il Pdl ha parlato l’ex ministro Mariastella Gelmini: «Le intenzioni di Profumo vanno in una direzione che non posso non condividere. Mi sorprende piuttosto – ha aggiunto – la sinistra che è ancora su posizioni ideologizzate su scuola e università».


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