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Auto blu, aveva ragione Brunetta: salvi enti locali e regioni
La consulta: sulla materia lo stato non ha poteri precettivi verso le autonomie

Fonte: Italia Oggi

Aveva ragione Renato Brunetta. La stretta sulle auto blu non si può applicare alle regioni e agli enti locali. La correzione in corsa operata a gennaio da Mario Monti (era stato il Tar del Lazio a chiedere a palazzo Chigi di modificare il dpcm dell’ex ministro della funzione pubblica) per estendere alle autonomie il giro di vite introdotto dalla manovra di luglio 2011 del governo Berlusconi (dl 98/2011) non può avere effetto perché sulla materia lo stato non ha poteri precettivi nei confronti degli enti locali.

E non avendo poteri non può delegare a un dpcm il compito di definire modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio.

La conferma del vizio di fondo che da subito era parso evidente nei paletti all’utilizzo delle autoblu da parte delle pubbliche amministrazioni è arrivato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 144/2012 depositata ieri in cancelleria.

La Consulta ha esaminato il ricorso della regione Liguria che aveva impugnato tutto il pacchetto di disposizioni restrittive contenute nel dl 98. Dal divieto di utilizzare autovetture di cilindrata superiore a 1600 cc, al divieto di sostituire le auto attualmente in servizio, fino alla previsione di un successivo dpcm di palazzo Chigi per definire modalità e limiti di utilizzo dei veicoli di servizio in modo da ridurne il numero e il costo. Secondo la regione le norme avrebbero violato una lunga serie di precetti costituzionali tra cui gli articoli 117 (invasione di campo nella materia dell’organizzazione regionale), 3 (principio di uguaglianza), 97 (buon andamento della p.a.) e 118 (potestà amministrativa).

La Consulta però non è stata dello stesso avviso e ha respinto il ricorso. Per il semplice motivo che «le norme impugnate non hanno alcun effetto precettivo nei confronti delle regioni e degli enti locali». Questo vale sia per la disposizione che stabilisce il limite di cilindrata («non ha alcuna attinenza con le autonomie locali»), sia per quella che stabilisce regole di dismissione e rottamazione delle auto («non c’è alcun riferimento alle autonomie»), sia soprattutto per l’art. 2, comma 4 che affida a un dpcm il compito di attuare nel dettaglio la stretta. Per la Corte questa norma non consente di attribuire al presidente del consiglio un potere regolamentare nei confronti degli enti locali, perché (scrive il giudice Aldo Carosi, estensore della sentenza) «non sussiste una potestà legislativa esclusiva dello stato, presupposto indefettibile per l’esercizio di detto potere».

Non resta dunque che concludere che Brunetta aveva ragione. Il suo dpcm del 3 agosto 2011 aveva correttamente intepretato il dl 98. Poi però è arrivato il Tar del Lazio che, a seguito di un ricorso sollevato dalle associazioni dei consumatori, con ordinanza del 10 novembre 2011 ha chiesto a palazzo Chigi di riesaminare la materia. Cosa che il governo Monti ha fatto con il dpcm 12 gennaio 2012 in cui è stato espressamente stabilito che la stretta sulle autoblu si applica anche a regioni ed enti locali.

Ma per la Consulta quest’ultimo dpcm «non è in grado di orientare la qualificazione e l’interpretazione delle norme impugnate, nonché la loro cogenza nei confronti delle regioni e degli enti locali, in modo non conforme al dettato dell’art.117 Cost».


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