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Invalidi civili totali: l’incremento della pensione di inabilità scatta a 18 anni e non a 60
Alcuni passaggi dalle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale n. 152/2020

L’importo mensile della pensione di inabilità spettante agli invalidi civili totali, stabilito dall’art. 12, primo comma, della legge n. 118 del 1971, oggi pari a 286,81 euro, “è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente” ad assicurare agli interessati il “minimo vitale”, ma il suo adeguamento rientra nella discrezionalità del legislatore. Tuttavia, gli invalidi civili totalmente inabili al lavoro hanno diritto al cosiddetto “incremento al milione” della pensione di inabilità (oggi pari a 651,51 euro) fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60. Il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole in quanto “le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento”.
È questo uno dei passaggi della motivazione della sentenza n. 152 depositata nella giornata di lunedì 20 luglio con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 38, comma 4, della legge n. 448/2001, là dove stabilisce che i benefici incrementativi spettanti agli invalidi civili totali sono concessi ai soggetti di età pari o superiore a 60 anni, anziché ai soggetti di età superiore a 18.

>> IL COMUNICATO INTEGRALE DELLA CORTE COSTITUZIONALE.


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