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Lo smart working nella fase di emergenza sanitaria
Anche nel settore privato occorre privilegiare il ricorso al lavoro agile, in particolare per coloro che si trovano in una condizione di patologia sanitaria, evitando ogni forma di discriminazione

Anche nel settore privato occorre privilegiare il ricorso al lavoro agile, in particolare per coloro che si trovano in una condizione di patologia sanitaria, evitando ogni forma di discriminazione. In questa direzione vanno le indicazioni contenute nella sentenza del Tribunale di Grosseto dello scorso 22 aprile.
Leggiamo che nella attuale fase di emergenza sanitaria “il lavoro agile è stato considerato una priorità” ed “ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile. Inoltre, “laddove il datore di lavoro privato sia nelle condizioni di applicare il lavoro agile e ne abbia dato prova, il ricorso alle ferie non può essere indiscriminato, ingiustificato o penalizzante, soprattutto laddove vi siano titoli di priorità per ragioni di salute”. Non vi è un obbligo nel settore privato di collocamento in lavoro agile, mentre nel pubblico impiego questa è la modalità ordinaria di svolgimento delle prestazioni lavorative, ma “accertata la sussistenza delle condizioni per ricorrere al lavoro agile, il datore di lavoro non può agire in maniera irragionevolmente o immotivatamente discriminatoria nei confronti di questo o quel lavoratore, tantomeno laddove vi siano titoli di priorità legati a motivi di salute”. In ogni caso non si può fare ricorso a “ferie non ancora maturate, a valere quindi sul monte futuro”.
Da sottolineare infine che la sentenza riconosce che, anche in via di urgenza, si possa avere una condanna che presuppone la “cooperazione volontaria dei soggetti intimati” e che “il carattere infungibile dell’obbligazione di cui si è accertato l’inadempimento non impedisce la pronuncia di una sentenza di condanna”.


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