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Contratto a tempo determinato: principio di non discriminazione
La Corte di Cassazione interviene in materia di contratto a termine e definisce la differenza tra il principio di non discriminazione e il divieto di reiterazione del contratto, richiamando orientamenti consolidati
La Corte di Cassazione interviene in materia di contratto a termine e definisce la differenza tra il principio di non discriminazione e il divieto di reiterazione del contratto, richiamando orientamenti consolidati. Sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro 28 maggio 2020, n. 10219.
Nell’impiego pubblico contrattualizzato, la domanda con la quale il dipendente assunto a tempo determinato, invocando il principio di non discriminazione nelle condizioni di impiego, rivendica il medesimo trattamento retributivo previsto per l’assunto a tempo indeterminato soggiace al termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 2948 nn. 4 e 5 c.c., il quale decorre, anche in caso di illegittimità del termine apposto ai contratti, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza, e per quelli che maturano alla cessazione del rapporto a partire da tale momento.
La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro che aveva accolto il ricorso ricorrenti, docenti assunti con contratti a tempo determinato di durata annuale, in dichiarata applicazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e aveva condannato il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca al pagamento delle differenze retributive derivanti dall’applicazione, in misura pari a quelle dei colleghi assunti a tempo indeterminato, degli aumenti conseguenti all’anzianità maturata, computata con riferimento a tutti i periodi di prestazione a tempo determinato nel limite della prescrizione.
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