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Cortocircuito tra ARAN e Funzione pubblica sui permessi a ore in smart working
I permessi a ore sollevano dall'obbligo di contattabilità all'interno di fasce orarie predeterminate, laddove l'esigenza del lavoratore, per sua natura e caratteristiche, non risulti compatibile con tale obbligo e non possa essere soddisfatta al di fuori del periodo di durata del medesimo

di CONSUELO ZIGGIOTTO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

I permessi a ore sollevano dall’obbligo di contattabilità all’interno di fasce orarie predeterminate, laddove l’esigenza del lavoratore, per sua natura e caratteristiche, non risulti compatibile con tale obbligo e non possa essere soddisfatta al di fuori del periodo di durata del medesimo.
Questo il contenuto del parere ARAN reso in relazione a un quesito circa l’applicabilità di istituti contrattuali quali i permessi brevi a recupero (articolo 33-bis del contratto 21 maggio 2018), i permessi per motivi personali (articolo 32 del contratto 21 maggio 2018) e i permessi per visite (articolo 35 del contratto 21 maggio 2018), nel lavoro svolto in modalità agile (si veda anche Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 26 maggio).

Il parere formulato dall’ARAN muove dalle indicazioni contenute nella Direttiva n. 3/2017, del Ministro per la Pubblica Amministrazione e delle indicazioni contenute nella circolare n. 2/2020 della Funzione pubblica del 1° aprile 2020.
Va osservato che le indicazioni contenute nella Direttiva del 2017, invitano gli enti a individuare una correlazione temporale dello smart working rispetto all’orario di lavoro e di servizio dell’amministrazione, anche mediante fasce di reperibilità. Le stesse linee guida, suggeriscono l’adozione di un atto interno che tratti gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro indicando tra essi, la previsione dell’eventuale esclusione, per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro (leggasi permessi a ore).

Le indicazioni contenute nella più recente circolare n. 2/2020, riprese dall’Agenzia negoziale, ribadiscono che il lavoro straordinario, così come i permessi giornalieri, siano essi a recupero o che comportino la riduzione dell’orario giornaliero, appaiono difficilmente compatibili con la strutturazione del lavoro agile quale ordinaria modalità della prestazione lavorativa. Quindi, da questo punto di vista, i suggerimenti dell’Agenzia divergono da quelli della Funzione pubblica.
Resta fermo che la regolamentazione del lavoro agile in emergenza, pur essendosi avvicinata di più alla formula del telelavoro, si è sempre dovuta ricondurre nell’ambito delle fonti di diritto che regolamentano il lavoro agile, e l’unica previsione specifica correlata al tempo lavoro è contenuta all’articolo 18, comma 1, della legge 81/2017, rappresentandosi come un elemento a differenza.

La prestazione lavorativa, in smart working, è infatti eseguita entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Si esce dalla logica del debito orario per ricondursi alla logica della responsabilizzazione, passando attraverso un nuovo modo di valutare la prestazione, sganciato dalla presenza, correlato invece al raggiungimento dell’obiettivo.
Chiarito che non esiste un modello rigido di regolamentazione, le opzioni sopra indicate, correlate alle fasce di contattabilità, devo essere esplicate nel regolamento di cui l’ente intende dotarsi o si è già dotato.

In ogni caso, il parere ARAN, sembra confinare ai diritti soggettivi la possibilità di coprire le fasce obbligatorie di contattabilità in lavoro agile.
Più che ai diritti soggettivi, a una esigenza del lavoratore non procrastinabile, ferme restando le disposizioni contrattuali sulla motivazione e sulla documentazione dei permessi. Insomma indicazioni non precise che conducono a dubbi circa la coerenza della copertura delle fasce di contattabilità con permessi a ore, rispetto alla disciplina legale sullo smart working.

Il tema ovviamente si allarga anche ai permessi della legge 104/1992, ma anche alle 150 ore derivanti dal diritto allo studio, o ad ogni altro istituto che riduca appunto il debito orario giornaliero.
Indicazioni più precise da parte della Funzione pubblica al riguardo aiuterebbero gli enti nella predisposizione degli atti interni che devono tener conto di una situazione emergenziale che volge auspicatamene al termine.
Le deroghe introdotte in fase emergenziale rispetto agli obblighi di comunicazione e alla stipula dell’accordo tra datore di lavoro e lavoratore agile, valgono sino al 31 dicembre, come ribadito all’articolo 263 del decreto Rilancio.
Questo il tempo che gli enti hanno a disposizione per rendere strutturale la formula del lavoro agile, senza trascurare i dettagli correlati alla fruizione dei permessi orari.


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