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Pubblico impiego, per l’anticipo della buonuscita prestiti a tasso inferiore al 2%
La Corte dei Conti ha registrato il decreto che disciplina l’anticipo del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici

di TIZIANO GRANDELLI e MIRKO ZAMBERLAN (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

La Corte dei Conti ha registrato il decreto che disciplina l’anticipo del Tfs/Tfr per i tre milioni di dipendenti pubblici, e il via libera della magistratura contabile consente di dar corso all’ultimo anello mancante, vale a dire la convenzione con l’Abi nella quale saranno fissati il tasso di interesse e tutte le altre condizioni che disciplineranno il prestito. Anche la convenzione pare a uno stato avanzato dei lavori: e secondo quanto si apprende si dovrebbe chiudere a un tasso ancorato al Rendistato (formato da un paniere di titoli di Stato) maggiorato da un piccolo spread. Il tutto dovrebbe attestarsi ben al di sotto del 2%.

Ma una volta a regime come funzionerà? La prima mossa, ovviamente, spetta, su base volontaria, all’ex dipendente pubblico, il quale però deve aver maturato un diritto a pensione. Ne sono, quindi, esclusi i lavoratori che si dimettono dalla Pa senza aver maturato i requisiti minimi per il diritto al trattamento di quiescenza. Il soggetto interessato presenta domanda di certificazione del diritto all’anticipo all’istituto previdenziale (per la generalità dei dipendenti pubblici all’Inps), tramite il portale. La richiesta può essere presentata direttamente dal soggetto interessato, munito di Pin, oppure attraverso il patronato o un intermediario, a cui conferisce delega. Entro 90 giorni, l’istituto previdenziale risponde certificando il diritto al Tfs/Tfr, il relativo ammontare e le date in cui il trattamento sarà liquidato. Per i pensionati con «Quota 100» le scadenze devono tener conto della maturazione del diritto a pensione secondo le regole ordinarie previste per la pensione anticipata o di vecchiaia e stabilite dall’articolo 24 del Dl 201/2011.

La certificazione va allegata alla «proposta di contratto di anticipo di Tfs/Tfr» che l’interessato deve presentare, debitamente sottoscritta, alla banca secondo le modalità che saranno definite nella convenzione. Appare singolare che sia il pensionato a «proporre» il contratto all’istituto di credito. In sostanza si tratterà di un contratto secondo uno schema tipo definito nella convenzione di cui sopra. La domanda deve essere inoltre corredata da una dichiarazione sullo stato di famiglia e, in caso di separazione o di divorzio, sulla presenza di un assegno a favore dell’ex coniuge.
L’importo dell’anticipo è fissato dall’articolo 23 del Dl 4/2019, la norma da cui un anno e mezzo fa è partito tutto. La somma massima richiedibile è pari a 45mila euro o all’importo del Tfs/Tfr spettante al pensionato, se di ammontare inferiore.
La banca verifica che non sussistano impedimenti alla concessione dell’anticipo quali la registrazione del richiedente nella Centrale Rischi della Banca d’Italia o un diritto del coniuge sul Tfs/Tfr dato in garanzia. Superato questo scoglio, l’istituto di credito comunica all’interessato e all’Inps la conclusione del contratto di anticipo.

Ma l’iter non è ancora terminato: l’istituto di previdenza, entro 30 giorni, comunica alla banca la presa d’atto della conclusione del contratto fra la banca e l’interessato e, nel contempo, pone un vincolo di destinazione al Tfs/Tfr che sarà chiamato a pagare al pensionato alle scadenze fissate. Vincolo che si traduce in una garanzia per il prestito concesso. Questo rappresenta una condizione sospensiva dell’efficacia del contratto in questione.
A questo punto tutti gli ostacoli sono stati superati ed entro 15 giorni la banca accredita sul conto del pensionato l’anticipo.


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