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L’annullamento di una procedura concorsuale: riconoscimento del risarcimento del danno e della perdita di chance
Il focus dell'esperto

Dalla lettura di una recente decisione della Corte di Cassazione, si apprende che una Pubblica Amministrazione si vedeva annullata una graduatoria dal Tribunale Amministrativo.
Detto Ente, dopo l’annullamento della procedura da parte del TAR, aveva scelto di non predisporre una nuova procedura, utilizzando una parte di funzionari individuati dalle graduatorie illegittima che risultavano – secondo il parere dei ricorrenti – così promossi senza concorso ed escludendo gli appellanti dalla possibilità di partecipare al concorso e di ottenere il posto.

Il tribunale di primo grado aveva respinto le loro domande e la Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado. A fondamento del decisum, la Corte territoriale aveva ritenuto che la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno in misura corrispondente alle retribuzioni che i ricorrenti avrebbero potuto percepire, avrebbe richiesto la prova – non fornita – che gli stessi avrebbero con sicurezza vinto il concorso. Inoltre, aveva poi rilevato la Corte di appello, che i ricorrenti non avevano neppure allegato gli elementi che il diritto vivente pone a base del risarcimento da perdita di chance (atti cioè a dimostrare la concreta possibilità che essi avrebbero superato il concorso).

Avverso la decisione di secondo grado i ricorrenti hanno proposto ricorso per Cassazione.
I giudici di legittimità, però sono stati abbastanza lapidari. In primis, hanno affermato che la gravata sentenza ha dato conto, concordando con la valutazione svolta dal giudice di primo grado, che tutti gli elementi allegati dai ricorrenti e dei quali essi volevano fornire la prova o che comunque emergevano documentalmente e della cui omessa valutazione i ricorrenti si lamentavano, configurano un quadro dal quale non scaturiscono i diritti risarcitori dedotti in giudizio. Nel motivare il rigetto del ricorso, La Suprema Corte ha poi dichiarato: <<Non scaturisce, ha osservato la corte, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale equivalente alle retribuzioni che gli attori, ove vincitori, avrebbero potuto percepire, poichè essi non sono in grado di fornire la prova che sarebbero risultati certamente vincitori; non scaturisce il danno da cosiddetta perdita di chance, poichè manca una valutazione comparativa tra candidati idonea a soddisfare i principi giurisprudenziali elaborati riguardo (ossia gli elementi atti a dimostrare, seppure in modo presuntivo, e sulla base di un calcolo delle probabilità, la possibilità che essi avrebbero avuto di vittoria del concorso, che non può derivare dal calcolo matematico tra numero dei concorrenti e i posti da assegnare, dovendo essere comparati titoli e requisiti posseduti dai candidati (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, Ord.,  n. 9085/2020).


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