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Coronavirus: ancora incertezze applicative sulla normativa emergenziale in materia di lavoro pubblico
I dubbi interpretativi in tema di ferie e congedi straordinari

LUCA TAMASSIA e ANGELO MARIA SAVAZZI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

L’utilizzo delle ferie e dei congedi straordinari costituiscono ancora temi sui quali vi sono dubbi interpretativi che, nonostante lo sforzo del Dipartimento della Funzione pubblica con le risposte fornite sul sito istituzionale, meritano ancora la giusta attenzione al fine di fornire un adeguato supporto alla soluzione dei casi concreti che si presentano all’attenzione dei dirigenti chiamati a rispondere alle richieste dei propri collaboratori. Di seguito vengono fornite risposte ad una ulteriore selezione di quesiti.

Ho lavorato fino a venerdì scorso in un comune. Ho la figlia studentessa universitaria rientrata da U.K. domenica notte, dove hanno chiuso l’università per coronavirus. Ho comunicato all’amministrazione lo stato di quarantena della ragazza ed il mio e della madre, in quanto coabitiamo con la figlia, al medico di base ed al 112. Ho proceduto a comunicare per iscritto via mail all’amministrazione tale stato di autoquarantena per 14 giorni come da Dpcm ed ordinanze regionali Sardegna. Dall’amministrazione mi comunicano che considereranno l’assenza come ferie. Io credo che non potendo lasciare la residenza per motivi sanitari, non sia così. Potete darmi una risposta?
Il personale, impedito alla fornitura della prestazione lavorativa dalle norme di contenimento della diffusione del coronavirus di cui ai Dpcm dell’8 marzo u.s., è soggetto alle disposizioni generali che regolano le assenze dal lavoro dei dipendenti pubblici nel presente frangente di eccezionalità determinato dall’emergenza pandemica di cui al COVID-19 in atto. Ciò premesso, pertanto, la norma di riferimento, allo stato, è da ritenersi individuabile nell’art. 87, comma 3, Dl 17.3.2020, n. 18, il quale dispone letteralmente: “3. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.”. Come si vede, pertanto, le amministrazioni pubbliche – ove non sia possibile utilizzare il personale dipendente mediante l’impiego del lavoro agile o mediante diversa adibizione di tale personale ai servizi di competenza che sono tenute ad assicurare (diversi da quelli di ordinaria destinazione) e compatibilmente con l’esigibilità delle prestazioni riferite alla categoria giuridica di inquadramento – devono preventivamente utilizzare tutte le forme di istituti, legali o contrattuali, che giustifichino l’assenza dal lavoro con mantenimento della retribuzione, ivi comprese le ferie pregresse, da intendersi sia quella maturate nel corso del 2019 e non ancora fruite, sia quelle maturate nel corso del 2020 sino al momento del collocamento d’ufficio in ferie. Solamente laddove sia esaurito o fosse oggettivamente impossibile l’impiego di tali istituti e non sia, altresì, possibile destinare diversamente il personale interessato, anche mediante l’utilizzo dello stesso in modalità remota con smart working su altri servizi da garantire, l’amministrazione potrà, eccezionalmente ed in via residuale, con atto adeguatamente motivato (posto che viene erogata la retribuzione in assenza di prestazione), collocare lo stesso in esenzione lavorativa, con mantenimento del trattamento economico in godimento, alla stregua di servizio prestato a tutti gli effetti di legge. L’art. 19, comma 3, Dl. 9/2020 deve, quindi, ritenersi superato.

Dovendo giustificare le assenze del personale non coinvolto, o solo parzialmente coinvolto in attività da rendere in presenza, né avente possibilità di smart working o permessi particolari, si chiede se, oltre alle ferie ancora spettanti per l’anno 2019 occorra cominciare ad attingere anche a quelle del 2020. In questa seconda ipotesi, alcuni dipendenti potrebbero non avere più ferie per il periodo estivo.
L’amministrazione può disporre l’utilizzo delle ferie maturate nel corso del 2020 sino al momento del collocamento d’ufficio in ferie. Solamente laddove sia esaurito o fosse oggettivamente impossibile l’impiego di tali istituti e non sia, altresì, possibile destinare diversamente il personale interessato, anche mediante l’utilizzo dello stesso in modalità remota con smart working su altri servizi da garantire, l’amministrazione potrà, eccezionalmente ed in via residuale, con atto adeguatamente motivato (posto che viene erogata la retribuzione in assenza di prestazione), collocare lo stesso in esenzione lavorativa, con mantenimento del trattamento economico in godimento, alla stregua di servizio prestato a tutti gli effetti di legge. Infatti l’esenzione dal servizio costituisce l’estrema possibilità offerta alle amministrazioni quando tutte le altre possibilità previste dalla normativa non siano utilizzabili. Va, infine, precisato che, se è vero che l’art. 87 fa riferimento alle ferie pregresse, la possibilità di disporre la collocazione in ferie del personale costituisce potere datoriale la cui fonte è rinvenibile nell’art. 2109 del codice civile e, pertanto, riguarda anche le ferie maturate fino alla data in cui ne viene disposta la fruizione.

Una dipendente in congedo di maternità facoltativa, sarebbe intenzionata a richiedere il congedo parentale straordinario previsto dall’art. 25 , Dl 18/2020. Si rappresenta che:
a) la figlia di mesi cinque e non ha ancora iniziato a frequentare il servizio educativo nido;
b) l’inserimento al nido era in fase di programmazione ma è stato rimandato, c) in situazioni” normali” la dipendente sarebbe rientrata al lavoro. Richiamato l’art. 25 del decreto legge n. 18/2020 a mente del quale non viene elencato come requisito l’iscrizione ad un istituto scolastico o servizio educativo, si chiede se sia corretto concedere la fruizione del congedo straordinario.
Si deve ritenere che, l’espresso richiamo effettuato dall’art. 23, comma 2, Dl 18/2020 degli artt. 32 e 33, Dlgs 151/2001, consente la conversione del congedo parentale in quello disciplinato in via straordinaria dal comma 1 dell’art.23. Per le pubbliche amministrazioni non vi sono dubbi circa l’applicabilità ai propri dipendenti considerato il richiamo espresso effettuato dal successivo art. 25. La formulazione del primo comma dell’art. 23 consente di affermare che i 15 giorni di congedo straordinario sono un diritto, per il cui esercizio è sufficiente avere dei figli di età non superiore ai 12 anni, che non ammette ulteriori condizioni.

Il Comune di … gestisce direttamente un asilo nido, un museo e una biblioteca. Dall’inizio dell’emergenza tutti e tre i servizi sono stati chiusi e il relativo personale è a casa. L’art. 19, c. 3, Dl 2 marzo 2020, n. 9, considera servizio prestato a tutti gli effetti di legge i periodi di assenza del personale imposti dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico. Questa situazione continua a coinvolgere anche il museo e la biblioteca?
Con riferimento al quesito posto, occorre osservare che, ai sensi dell’art. 19, comma 3, del decreto-legge 2.3.2020, n. 9, fuori dei periodi trascorsi in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, che sono equiparati, dal comma 1 del medesimo art. 19, al periodo di ricovero ospedaliero, i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, Dlgs 165/2001, imposti dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico costituiscono servizio prestato a tutti gli effetti di legge. In applicazione di tale previsione normativa, pertanto, tutte le fattispecie di assenza dal lavoro di dipendenti dell’amministrazione pubblica direttamente imposti dalla normativa emergenziale di contrasto alla diffusione pandemica del coronavirus sono da ritenersi equiparati a servizio effettivamente prestato. Occorre, tuttavia, sottolineare che tale prescrizione si ritiene applicabile ai soli casi in cui l’interdizione lavorativa sia conseguenza diretta e prescrittiva dell’applicazione di disposizioni normative di lotta all’emergenza epidemiologia e non, invece, alle diverse fattispecie riconducibili alle più generali misure di contrasto affidate alle autonome valutazioni delle singole amministrazioni nell’organizzazione e gestione dei servizi di competenza istituzionale, per le quali valgono, viceversa le misure dettate dall’art. 87 del recente decreto-legge 17.3.2020, n. 18. Ai presenti fini, poi, necessita fare riferimento alle limitazioni dettate, con effetti sino al 3 aprile p.v., dall’art. 1, comma 1, let. l), Dpcm 8.3.2020, estese, per effetto dell’art. 1, comma 1, Dpcm 9.3.2020, all’intero territorio nazionale e con efficacia prodotta nel periodo dal 10.3.2020 sino, come cennato, alla data del 3 aprile p.v.. Tali statuizioni, in particolare, prescrivono che, per il predetto periodo temporale, sono chiusi i musei e gli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui Dlgs 42/2004, il quale annovera, nell’ambito delle proprie previsioni, quali istituti e luoghi della cultura, i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali. Ciò evidenziato, pertanto, atteso che l’impedimento lavorativo del personale adibito ai predetti servizi consegue alla diretta attuazione di un’apposita disposizione legislativa riferibile alle misure emergenziali di lotta alla diffusione virale di che trattasi, è da ritenere che i dipendenti dell’amministrazione pubblica adibiti alla gestione di tali servizi siano esentati dalla prestazione lavorativa ai sensi di quanto disposto dal ripetuto art. 19, comma 3. A parere di chi scrive, tuttavia, tale esclusione della prestazione lavorativa costituisce misura estrema, ancorché non soggetta ad alcuna condizione prescritta per legge, in caso, cioè, d’impossibilità di diversa utilizzazione dei lavoratori destinati ai servizi interessati, pur nell’ambito del ruolo rivestito e del principio di esigibilità di tutte le funzioni ascritte alla categoria giuridica d’inquadramento, atteso che lo status di esentato dal lavoro implica un riconoscimento retributivo di natura integrale a fronte della carenza di fornitura di alcuna attività di lavoro, ciò che, infatti, se non adeguatamente giustificata dall’impossibilità di diverso impiego del lavoratore, ben potrebbe tradursi in un indebito patrimoniale per danno in pregiudizio degli interessi pubblici di cui l’amministrazione è istituzionalmente portatrice.


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