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Personale PA, arriva la riforma ma crollano le entrate per le assunzioni
Arriva al traguardo il decreto attuativo della riforma che ambisce a rivoluzionare le assunzioni in Regioni ed Enti locali. Il momento non è dei più propizi

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Arriva al traguardo il decreto attuativo della riforma che ambisce a rivoluzionare le assunzioni in Regioni ed Enti locali. Il momento non è dei più propizi, perché il cambio di regole misura gli spazi per i nuovi ingressi in base alle entrate delle amministrazioni. Ma le entrate stanno crollando per la crisi da Coronavirus. In ogni caso, il testo è stato inviato per la pubblicazione alla Gazzetta Ufficiale, ed è accompagnato dalla circolare della Funzione pubblica con le istruzioni per l’uso. E chiude un lungo limbo normativo. Il decreto attua infatti una riforma scritta dal governo Conte-1 (articolo 33 del Dl 34/2019). Che cancella il parametro del turn over (più assunzioni dove l’anno prima ci sono state più uscite) per sostituirlo con un criterio basato sulla salute dei bilanci: più assunzioni dove ci sono più entrate stabili per finanziarle. Su questa base, calcolata sull’incidenza attuale delle spese di personale sulle entrate, gli enti sono divisi in tre gruppi:  quelli che spendono poco, e possono ampliare le proprie forze, quelli di mezzo, chiamati a tenere la situazione sotto controllo, e quelli fuori linea, che dovranno avviare dei piani di rientro.

L’obiettivo è di ampliare organici atrofizzati negli anni della spending review. Portando, secondo i calcoli governativi, circa 40mila persone in più a regime in particolare nei Comuni. Calcoli in teoria tutt’ora validi, perché le soglie sono basate sui vecchi bilanci, e permetterebbero per esempio 1.552 dipendenti in più a Roma, 1.291 a Milano, 524 a Genova e 415 a Firenze. Ma su tutto l’impianto pesa un’incognita enorme: la caduta delle entrate prodotta dalla crisi. Perché per far partire le nuove assunzioni serve la certificazione dei revisori sul «rispetto pluriennale degli equilibri di bilancio», difficile da asseverare in questa fase. E perché l’arrivo a regime della riforma dovrebbe avvenire per tappe progressive: ma è impossibile immaginare che il crollo dei bilanci loali non imponga presto di rivedere i programmi.

Sul tavolo restano poi i molti nodi che hanno diviso Mef ed Enti locali nella trattativa. Perché Via XX Settembre ha ancorato al criterio della «sostenibilità finanziaria» l’esigenza di limitare al minimo le voci di spesa escluse dai calcoli. In quest’ottica, gli enti potranno conteggiare in entrata anche la Tari esternalizzata, ma non potranno escludere, come chiedevano, i costi dei rinnovi contrattuali o le spese di personale finanziate da altri livelli di governo. Il concetto di «spesa di personale», insomma, si allarga parecchio rispetto a quello utilizzato fin qui: e rischia di riservare sorprese in molti enti. La disciplina transitoria viene curiosamente disciplinata ex post: perché una clausola di salvaguardia, salvo sorprese dell’ultimo minuto, manterrà valide le procedure di assunzione avviate con le vecchie norme a patto che entro il 20 aprile sia stata inviata alla Funzione pubblica la richiesta sulla mobilità che precede il concorso.


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