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Smart working, vanno individuate fasce orarie di reperibilità
Il lavoro agile indica una diversa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che, al di fuori dell'emergenza, ha l'ambizioso obiettivo di incrementare la produttività intesa come qualità del servizio offerto

di CONSUELO ZIGGIOTTO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Il lavoro agile indica una diversa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che, al di fuori dell’emergenza, ha l’ambizioso obiettivo di incrementare la produttività intesa come qualità del servizio offerto. Il risultato si realizza passando attraverso una migliore percezione da parte del lavoratore della propria esperienza del lavorare la cui origine è riconducibile ad un nuovo e diverso modo di lavorare, slegato dal concetto dello spazio e del tempo. Ma se è vero che il lavoratore agile svolge la sua attività senza precisi vincoli di orario gestendo l’organizzazione del proprio tempo, è altrettanto vero che questa formula riconducibile a una misura organizzativa aziendale evoluta, non configura dal punto di vista giuridico una diversa tipologia di contratto di lavoro, rimanendo e conservando la natura di rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti.

Nell’emergenza sanitaria il lavoro agile passa da modello organizzativo aziendale a strumento di contenimento in relazione al distanziamento sociale che realizza, questo nella misura in cui la riprogettazione dello spazio lavoro è ipotecata nell’unica soluzione diversa dagli ambienti di lavoro: la propria abitazione. Non si tratta di una nuova tipologia di contratto di lavoro ma di un accordo, peraltro derogato nella fase emergenziale, che è attivato come accessorio di un contratto di lavoro che resta subordinato. Come noto, dal 12 marzo ogni attività non indifferibile e da rendere in presenza, è ordinariamente resa in smart working, in deroga agli accordi tra datore di lavoro e lavoratore e in deroga agli obblighi informativi di cui alla legge 81/2017. L’accordo derogato, avrebbe dovuto, in base all’articolo 19 della legge 81/2017, disciplinare l’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, individuando altresì i tempi di riposo del lavoratore.

Le Linee guida della Funzione pubblica scritte nel maggio 2017, invitavano le pubbliche amministrazioni a individuare nell’accordo, la correlazione temporale dello smart working rispetto all’orario di lavoro e di servizio dell’amministrazione anche mediante fasce di reperibilità. In questo momento la domanda che trova risposta incerta è se il lavoratore agile debba osservare il monte orario di lavoro. Se debba cioè rendere le 36 ore settimanali e se l’assolvimento del debito orario possa essere controllato dal datore di lavoro. È tempo di darsi una regolamentazione che consenta di conciliare le diverse previsioni, che tenga conto dell’esclusione, per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, ma non solo.

La flessibilizzazione oraria consentita dallo smart working non consente la fruizione di permessi brevi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro, vale a dire i permessi orari di fonte contrattuale e legale. Vanno individuate fasce orarie nelle quali il lavoratore deve rendersi reperibile e, in questa particolarissima contingenza, è ragionevole prevedere fasce di contrattilità più ampie di quelle che ordinariamente si sarebbero previste ma che del resto sarebbero ora incompatibili con le nuove previsioni. Il limite estremo si rappresenta in fasce di reperibilità corrispondenti al debito orario teorico del lavoratore, previsione che si allontana molto dalla logica originaria del lavoro agile. Pleonastico asserire che lo smart working non fa venire meno il presupposto del diritto a fruire delle ferie o di altri congedi specifici. I permessi della legge 104/1992, ove fruiti a giorni interi, e i 15 giorni di congedo specifico per i genitori introdotti dal decreto Cura Italia, non interferiscono con il lavoro agile. Nella giornata in cui il lavoratore si prende cura del familiare disabile, non lavorerà nella modalità di smart working, così come nella giornata in cui fruirà dei congedi specifici non dovrà attenersi all’obbligazione contrattuale intesa come elenco delle attività e degli obiettivi da realizzare.


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